Vengo chiamato per andare in un posto non meglio precisato. Dalla strada e la forma dei palazzi, tuttavia, capisco (riflettendo sul sogno) che assomiglia molto al quartiere Principe di Genova, ma nessuno ne parlerà mai a voce alta.
In ogni caso, arrivo davanti ad un enorme palazzo di più e più piani, un blocco di cemento con poche finestre che si alza fino a non poter vedere la cima.
Mi avvicino alla porta e mi aprono dall'interno.
Attraverso un breve corridoio e dopo un paio di scalini arrivo davanti ad una grande tavolata, dove tre persone anziane siedono vicine, tutte allo stesso lato del tavolo, mentre dal mio lato non ci sono sedie o poltrone. Ad ogni modo, il palazzo è gigantesco, ma io mi trovo ancora al pian terreno.
La tavola sembra imbandita per una grossa cena: la tovaglia bianca e fine copre il materiale della tavola, candelabri e posate d'argento sono sistemate e una coppia di piatti vuoti, uno piano e uno fondo, stanno davanti a ciascuno dei commensali. Eppure, a fare da contrasto, l'ambiente è molto industriale: pareti color cachi, finestrelle piccole troppo in alto per affacciarsi all'esterno e i pavimenti piastrellati fanno sembrare quella stanza uscita da qualche ospedale.
Resto in piedi a guardarli, ma solo uno, quello che parla, mi riesco a ricordare: è un uomo dai capelli bianchi tagliati non troppo corti sulle tempie, mentre sopra la testa è completamente pelato. La barba e gli occhi azzurri; se non fosse per le calvizie e il fisico grassoccio assomiglierebbe molto ad un ferroviere che conosco bene. Non faccio troppo caso a questo e resto ad ascoltarlo.
Lui muove le labbra, ma non sento alcun suono uscire. Eppure capisco lo stesso cosa mi stia dicendo: devo andare in un villetta fuori dal centro, nella periferia del paese (che non viene ancora specificato quale sia) perché si vocifera sia infestata da fantasmi assassini. Insomma, chiunque abbia passato la notte là dentro non ne è uscito vivo.
Mi viene subito alla mente l'ambientazione dell'ultima stagione di American Horror Story,
Roanoke, ed essendo un fifone faccio presente al trio che io non mi occupo di queste cose, quindi non ho così tanta voglia di rischiare la pelle!
Purtroppo non c'è niente da fare e devo andare lo stesso. Non mi dispero, ma faccio capire quanto sia seccato.
Apro le mani per manifestarlo, quando sento la prima voce effettiva in tutto il sogno. Una voce che mi chiama.
Mi giro verso la fonte di quel richiamo e scopro Princess Luna. O meglio, una sua versione antropomorfa mentre regge una scodella per pasta gialla.
Dicendo di non preoccuparmi, mi passa la scodella. Curioso al suo interno e scopro che è piena di patate al forno, pure ben fatte ed invitanti al solo guardarle.
Non capendo, alzo lo sguardo per vederla negli occhi (pure così è molto più alta di me) e lei mi spiega che devo mangiare quelle patate, così che sarò al sicuro dagli spettri assassini.
Fiducioso (come dovrei sentirmi altrimenti?) accetto con estrema riconoscenza il dono e ne mangio subito qualcuna.
Ed è allora che, in poco tempo, mi sveglio. Molto prima di poter anche solo uscire dal palazzo, figurarsi vedere la villa infestata!
La morale di questa storia?
Checcavolo, Princess Luna sa fare il suo dovere: secondo il suo dire sarei stato al sicuro dagli spettri, infatti mi sono svegliato e non ho rischiato un baffo!

Oppure che devo seguire meno storie sul paranormale, spettri, culti, e Triccheballacche, dipende!
