Avendo dei biglietti da spendere questo mese al cinema, io e mio padre abbiamo deciso di guardarci l'unico film che pare essere interessante per me e per lui, fan di Mel Gibson.
Quel che abbiamo visto può essere considerato un vero film dell'orrore, ma non per i tipici motivi quali atmosfera buia, un villain che prende più colpi dei protagonisti di GTA o scene violente per necessità del genere... ma andiamo per gradi.
Quando fai un film basato sulla autobiografia di un eroe decorato della Medal of Honor, è difficile renderlo un film interessante senza dover prendere licenze poetiche come scene che il soggetto direbbe "Ma quello non è mai successo", ma finché si trattano di piccolezze puoi anche passarci sopra.
Ciò che conta è che hai un obiettivo fisso. In questo caso, di raccontare la storia di un soccorritore militare che, nonostante sia obiettore di coscienza per le sue forti convinzioni religiose, riesce a salvare 75 soldati senza aver mai sparato in uno degli scenari più violenti della Seconda Guerra Mondiale: Okinawa.
I tre atti del film sono narrati in questo modo.
Il primo atto, il campo d'addestramento, racconta del protagonista Desmond Doss che, con la sua forte credenza della dottrina avventista, si sarebbe arruolato non con l'intento di uccidere, né tantomeno toccare un'arma, sua fedele promessa, ma di salvare le vittime della guerra.
Questa obiezione di coscienza lo porterà da visite psichiatriche a veri pestaggi dei suoi compagni e persino il rischio della corte marziale, ma la sua forte dedizione alla fede gli permetterà di ottenere il permesso dell'addestramento base senza l'obbligo di abbracciare l'arma, diventando finalmente soccorritore.
Questo dimostra non che se ti attacchi alla tua promessa fino alla fine verrai ricompensato, ma di quanto puoi spingerti a fondo pur di non romperla.
Il secondo è l'omonima battaglia che da il titolo al film.
Come dissi sopra, è questo ciò che lo rende un film dell'orrore perché la abile regia di Gibson, dopo La Passione di Cristo e Apocalypto, riesce a rendere l'idea della violenza e crudeltà della seconda guerra mondiale. I veri mostri non sono assassini dei sogni, serial killer con maschere da hockey o cannibali... ma lo sono i soldati delle fazioni opposte quando abbracciano pistole, mitragliatrici, granate, pacchi-bomba, lanciarazzi, lanciafiamme e anche bombardamenti a tappeto delle corazzate.
Risparmio i dettagli per cosa vi aspetterete di vedere guardando il film.
Il terzo racconta del coraggio di un soldato (Doss) che, come se Dio lo avesse chiesto, ritorna in una terra di nessuno flagellata dagli scontri dopo la battaglia persa e si mette a cercare quanti più feriti possibili, riportandoli in zona sicura attraverso molti rischi di venir impallinato dai "musi gialli". Non solo mostra coraggio ma anche un grande altruismo, arrivando anche a curare un giapponese ferito nonostante il credo del soldato americano volesse farlo presentare come una creatura senza cuore.
Alla fine, riuscendo a salvarsi in tempo dai nipponici, salva ben 75 soldati, molti dei quali suoi compagni di fanteria.
Ciò porta l'unità a considerare altamente Desmond Doss, un pacifista che verrà presto decorato per il suo eroismo, come una specie di portafortuna, in una scena dove i soldati attendono la fine della preghiera del loro eroe mentre alla radio un soldato di alto grado domanda "Chi è questo Doss?".
Infatti riusciranno a vincere la battaglia contro i giapponesi e Desmond viene portato dietro le linee dopo un'azione eroica che avrebbe potuto costare diverse vittime.
Così il film si conclude con scene di repertorio delle interviste del vero Doss, di suo fratello Harold e del capitano Jack Glover.
Voto: 5/5
Se lo avessi voluto, avrei potuto rimuovere una stella per le inaccuratezze storiche. Per esempio: le azioni di Doss durarono nel corso di tre settimane, non di diversi giorni.
Ma questo era chiaramente una modifica fatta per ragioni di sceneggiatura perché nessuno vorrebbe cinque ore di un film che vede un uomo salvare persone in guerra. Nel fare un film preso da qualcosa ci vogliono sacrifici e quel che conta è che il film sia bello, non che deve essere accurato al 100%.
Per citare I Hate Everything nella sua recensione di The Last Airbender: "Personalmente a me non me ne frega un *** di quanto devi essere fedele alla fonte originale finché fai un cosa importante: che tu lo faccia bene!"
Quanto al film stesso: è adulto, crudele e cattivo. La realtà della guerra fotografata in maniera impeccabile e le scene dei soccorsi che dimostrano accuratamente quanto una persona può spingersi per seguire il suo credo.
Un vero film sull'eroismo.