
Tutti conosciamo bene la Storia di Equestria, e la sua geografia: una pangea, abitata da pony e minoranze di altre razze, unificata sotto un' unica bandiera da parte delle sorelle Luna e Celestia; e la cui Storia è libera da vere e proprie guerre fra comunità: il posto delle guerre è già stato occupato dalla malignità di forze sovrannaturali.
Ma Equestria non è il solo continente sul pianeta, nè la sua Storia è l' unica: dall' altra parte del mare, c' è l' Arabia sellata, abitata dai cavalli. E, sopra l' Arabia Sellata, c' è Diomeda: un piccolo continente, abitato da pony; grifoni e minotauri, la cui Storia è piena di lotte sanguinose.
Ma non c' è solo male, al di là del mare, come Twilight Sparkle scoprirà dopo aver letto un libro sulla Storia di Diomeda, leggendo di tutte le varie filosofie sviluppatesi negli anni.
Seguite questa storia, narrante un continente simile ad Equestria, ma diverso allo stesso tempo.
Prologo
L' Istoria si può veramente definire una guerra illustre contro il Tempo, perchè, sottraendo gli anni che rimasero prigionieri, anzi, cadaveri; li fa sorgere dalla loro tomba; li raduna; e gli schiera in battaglia.
Gl' istorici, come gli illustri campioni dei tempi che furono, dal campo di battaglia colgono solo le spoglie che son più preziose; e come i campioni: non cercano le spoglie ignobili, quelle dei contadini strappati al loro campicello, o quelle del vasaio che, per amor di Patria, s' è armato di lama. E così agl' istorici non interessano le istorie della gente di umile estrazione.
Ambi, insomma, cercan la gloria.
Ma se i guerrieri antichi cercavan la gloria per la loro persona, e tentano d' ingigantirla, affinchè i cantori cantassero soltanto le loro gesta distorte; gl' istorici la cercano per coloro che giungono dopo, qulli che non videro, né vedranno mai tali atti, e tentano il più possibile di mantenere la realtà dei fatti.
Io, come s' addice ad ogni equino cercatore di verità, in quest' opera creata con eroica fatica, non mi limito a riportare i soli atti di gloria della mia patria; né limitai me stesso alla raccolta di gloria delle altre nazioni, per quanto fossero ignobili o piccole. Raccolsi anche i fatti accaduti a gente di piccolo affare, da ogni nazione, da quasi ogni luogo di Diomedea.
Nel grandissimo spazio del continente, ci saranno i più vari avvenimenti: cavalli mandati ad evitare che il rimbombo delle trombe da guerra suonasse, o, al contrario, il rimbombo si trasformasse in fortissimo tuono. Saranno raccontati atti di codardia e valor; di crudeltà e pietà equina; di religione e scienza; di guerra et pace. Ogni atto realmente accaduto, o, quantomeno, ricostruito.
Ma non date prestigio e ringraziamenti solo a me, o miei lettori: di mio, c' è solo quello che è accaduto nella mia nazione. Per il resto, scartabellai, corressi e tradussi.
Se questa grandissima unione di verità e scienza istorica esiste, è anche grazie agli sforzi di altri istorici miei simili i cui nomi, ahimè, sono stati inghiottiti dall' oblio: ma anche se i loro nomi sono stati perduti, quello che hanno eseguito nella loro vita non è stato vano.
Ed ora, o miei lettori, procedete pure a leggere l' istoria conosciuta di Diomedea; dei quattro fratelli un tempo definiti divinità; dell' ingratitudine e oscurantismo dell' alicorno bianco; fino ai giorni nostri.
E questa era la prefazione dell' autore, tale Eletippo Vitelloni.
Questo tomo mi fu regalato dal Presidente Soft Leash della nazione dell' Eire, nel continente di Diomeda, mi fu detto che questo tomo “Avrebbe aperto gli occhi al popolo di Equestria.”
All' inizio pensavo che Soft Leash mi stesse semplicemente facendo un dono, e che la frase “Aprirà gli occhi agli abitanti della tua nazione” non avesse nessun significato preciso.
Eppure, appena mi misi a leggerlo, capii subito che il tomo aveva qualcosa di interessatne di... speciale.
Dentro non c' era solo la Storia di Diomeda, comunque interessante: c' era anche una visione del mondo totalmente estranea a me. Era descritto un mondo in cui la tecnologia è considerata più importante della magia; un mondo dove il più grande nemico di una comunità è un' altra comunita della stessa razza, non un' entità soprannaturale la cui malvagità è manifesta; un luogo fondato sull' individuo... un mondo nuovo.
Fu qualcosa di rivelatore per me, e spero che, nel mio trascrivere, trasmetta anche a voi, nobili, borghesi, ma anche elementi del basso ceto educati, lo stesso senso senso di scoperta e lo stesso senso di fascinazione.
E, come nota finale, spero con tutto il cuore che, alla fine del volume, sentiate come vostra la conoscenza acquisita, dimodochè voi la possiate poi trasmettere ai vostri cari e conoscenti.
Detto questo, bando alle ciance: lascio spazio al primo capitolo di "Diomeda: Imperi sotto il Sole Ateo".
Gl' istorici, come gli illustri campioni dei tempi che furono, dal campo di battaglia colgono solo le spoglie che son più preziose; e come i campioni: non cercano le spoglie ignobili, quelle dei contadini strappati al loro campicello, o quelle del vasaio che, per amor di Patria, s' è armato di lama. E così agl' istorici non interessano le istorie della gente di umile estrazione.
Ambi, insomma, cercan la gloria.
Ma se i guerrieri antichi cercavan la gloria per la loro persona, e tentano d' ingigantirla, affinchè i cantori cantassero soltanto le loro gesta distorte; gl' istorici la cercano per coloro che giungono dopo, qulli che non videro, né vedranno mai tali atti, e tentano il più possibile di mantenere la realtà dei fatti.
Io, come s' addice ad ogni equino cercatore di verità, in quest' opera creata con eroica fatica, non mi limito a riportare i soli atti di gloria della mia patria; né limitai me stesso alla raccolta di gloria delle altre nazioni, per quanto fossero ignobili o piccole. Raccolsi anche i fatti accaduti a gente di piccolo affare, da ogni nazione, da quasi ogni luogo di Diomedea.
Nel grandissimo spazio del continente, ci saranno i più vari avvenimenti: cavalli mandati ad evitare che il rimbombo delle trombe da guerra suonasse, o, al contrario, il rimbombo si trasformasse in fortissimo tuono. Saranno raccontati atti di codardia e valor; di crudeltà e pietà equina; di religione e scienza; di guerra et pace. Ogni atto realmente accaduto, o, quantomeno, ricostruito.
Ma non date prestigio e ringraziamenti solo a me, o miei lettori: di mio, c' è solo quello che è accaduto nella mia nazione. Per il resto, scartabellai, corressi e tradussi.
Se questa grandissima unione di verità e scienza istorica esiste, è anche grazie agli sforzi di altri istorici miei simili i cui nomi, ahimè, sono stati inghiottiti dall' oblio: ma anche se i loro nomi sono stati perduti, quello che hanno eseguito nella loro vita non è stato vano.
Ed ora, o miei lettori, procedete pure a leggere l' istoria conosciuta di Diomedea; dei quattro fratelli un tempo definiti divinità; dell' ingratitudine e oscurantismo dell' alicorno bianco; fino ai giorni nostri.
E questa era la prefazione dell' autore, tale Eletippo Vitelloni.
Questo tomo mi fu regalato dal Presidente Soft Leash della nazione dell' Eire, nel continente di Diomeda, mi fu detto che questo tomo “Avrebbe aperto gli occhi al popolo di Equestria.”
All' inizio pensavo che Soft Leash mi stesse semplicemente facendo un dono, e che la frase “Aprirà gli occhi agli abitanti della tua nazione” non avesse nessun significato preciso.
Eppure, appena mi misi a leggerlo, capii subito che il tomo aveva qualcosa di interessatne di... speciale.
Dentro non c' era solo la Storia di Diomeda, comunque interessante: c' era anche una visione del mondo totalmente estranea a me. Era descritto un mondo in cui la tecnologia è considerata più importante della magia; un mondo dove il più grande nemico di una comunità è un' altra comunita della stessa razza, non un' entità soprannaturale la cui malvagità è manifesta; un luogo fondato sull' individuo... un mondo nuovo.
Fu qualcosa di rivelatore per me, e spero che, nel mio trascrivere, trasmetta anche a voi, nobili, borghesi, ma anche elementi del basso ceto educati, lo stesso senso senso di scoperta e lo stesso senso di fascinazione.
E, come nota finale, spero con tutto il cuore che, alla fine del volume, sentiate come vostra la conoscenza acquisita, dimodochè voi la possiate poi trasmettere ai vostri cari e conoscenti.
Detto questo, bando alle ciance: lascio spazio al primo capitolo di "Diomeda: Imperi sotto il Sole Ateo".
Capitolo 1
Il Palazzo de' Frantoi, quell' edificio pietra rossa e grigia; che ha la facciata volta verso est; si trovava nel Quartiere Governativo; nel parte più centrale di Wien; incastonato fra le case variegate case dei ricchi ed i borghesi cittadini; quel giorno era insolitamente silenzioso, per essere un dei luoghi dove i rappresentanti delle più grandi potenze del Mondo contrattavano per la pace o per la guerra.
All' interno dei corridoi pieni di pezzi di arte scultore del grosso palazzo, si sentivano soltanto i passi felpati dei grifoni servitori, e il leggero fruscio, simile a quello dei rami mossi dal vento, di scope e panni passati sui pavimenti in marmo del palazzo. E in buona parte delle lussuose stanze dei diplomatici regnava tiranno il silenzio, visto che erano vuote nel modo più assoluto, o i loro occupanti erano in giro a visitare la città, per passare il tempo fra un incontro diplomatico e un altro.
Ma in una delle camere nella parte più estrema dell' ala, c' era un occupante che non si dava pace, dando la sensazione che qualcosa di grosso stesse per accadere.
La camera era stata adibita da poco allo scopo di accogliere pony, a giudicare dalle decorazioni, copie di pezzi d' arte creati da pochi mesi, e dalla presenza di un paio di casse di legno di faggio impilate in un angolo del cubicolo.
Per il resto, la stanza era bella e che pronta: c' era un letto a una piazza con coperte di lino e cuscino on piume d' oca; c' erano alcune statue di teste allungate e abbozzate e teschi di granito impalati su picche di bronzo; un tappeto di manticora striata vicino al letto; e qualche vecchio quadro, alcuni erano ritratti di imperatori passati e di leggende, altri erano paesaggi dipinti col nuovo stile “Impressionista”, ovvero a chiazze di colore potenti e distinte, e senza forme delineate: nella stanza, fra i quadri di questo stile, ne spiaccava uno, che, con una gigatesca distesa di macchie verdi e azzurre e qualche chiazza nera, un prato verde con corvi all' interno.
Contratto Bruciato, un giovane unicorno diplomatico di colore giallo-verde, in quel momento missione diplomatica per il Regno di Lituria; stava girando in tondo nella stanza teso, perplesso, preoccupato: quando era partito, aveva ricevuto l' ordine di trattare con l' Impero Brigliao-Ugarico per la cessione delle regioni di Istria e Villanova abitati da alcune popolazioni desiderose di unirsi al giovane ma promettente stato di Lituria, e di ottenere tali territori a tutti i costi; ma Contratto, fino a qual momento non aveva ottenuto risultato alcuno, per colpa delle proposte da lui fatte, tutte bollate come “folli” dalla controparte. Egli era rimasto senza proposte da fare. E l' incontro sarebbe stato fra tre ore.
Certo, egli poteva sempre procrastinare, allontanare la data del suo incontro, evitare di presentarsi.
Ma Contratto non se la sentiva di fare ciò, non aveva il coraggio di non uscire dalla stanza, fingendo dissenteria o un colpo di sonno: tirarsi indietro non era quello per cui era stato pagato dal governo, né era educato a fare. Ma soprattutto, sarebbe stato molto errato, in termini da parte sua, rimandare le trattative a data da destinarsi.
E così il pony giallo-verde si era messo a girare in tondo per la stanza riccamente decorata, in cerca delle parole da pronunciare; dei gesti da fare; dei passi da muovere; delle mappe e carte da mostrare; davanti ai rappresentati dell' Impero.
In quel momento, stava osservando gli oggetti intorno a sé, in cerca di inspirazione.
Primo oggetto che prese la sua ispirazion: una statua di pietra di una testa mozzata infilata su una picca, sembrava un macabro trofeo di un capotribù barbaro dalla profonda Zebrica: questo pezzo d' arte inspirava brutalità e forza di agire, al pony diplomatico, che mormorò, mentre accarezzava la testa in pietra come un gatto in cerca di attenzioni:
“Forse l' aggressività è la risposta giusta, a questo intricato, spinoso, problema: basta che entri in sala con petto gonfio”, e il pony imitò tale gesto, ingrandendo di poco la sua stazza, “e dica con voce più minacciosa possibile i desideri del mio Re.”
Si creò un ghigno sulla faccia del pony diplomatico: aveva trovato la soluzione per i suoi problemi in pochissimo tempo, e, di certo, nessuno poteva discutere la sua abilità...
O no ?
All' improvviso, Contratto Bruciato smise di toccare la statua, e si mise un attimo ad osservarla, come in cerca di crepe e difetti, poi la rimise a posto.
“No, non funzionerà: l' immunità diplomatica ha un limite, dopotutto.”
E così ricominciò a guardarsi attorno, in cerca di idee sul da dirsi.
Dopo mezz' ora, ormai stanco di ritrovarsi rinchiuso nella stanza, egli decise di uscire sul balcone, a prendere una boccata d' aria che, probabilmente, lo avrebbe aiutato a pensare: così egli aprì la porta che dava al balcone, ed andò sul balcone.
Da quel punto dell' edifico, si poteva vedere il panorama glorioso di una fiorente città: davanti al palazzo, oltre le case dei ricchi e dei borghesi, si potevano vedere in lontananza da una parte le ciminiere di fabbriche lavoranti a tutto regime; e dall' altra, la grossa cattedrale bianca e nera in stile gotico dei Tempi Oscuri, che si stagliava in altezza su tutti gli altri palazzi. Nelle strade al di sotto del palazzo, gli unici elementi di attività erano gli occasionali pony passeggianti per le strade, e qualche carrozza trainata da servi passante in mezzo alla strada.
Contratto continuò ad osservare a lungo il panorama che gli si stagliava davanti a lui, sempre fremendo di pensieri e inquietudine.
Alla fine, sospirando, egli tornò all' interno: non aveva ancora trovato una soluzione.
Il pony, ormai sull' orlo di una crisi di nervi, si gettò sul letto a pancia in su e si rotolò sopra le coperte in lino, disperato.
E, nel frattempo, il fuscio dei servitori grifoni era cessato, lasciando dietro solo silenzio assoluto.
Quando tutto si chetò, a Contratto Bruciato venne un' idea: proporre al tavolo, in cambio dei territori che il suo Re voleva tanto, un tributo pari a metà delle tasse ricavate da quei posti. Sembrava qualcosa di perfetto: tutti ottenevano qualcosa nel breve termine, e, quando l' Impero Brigliaio-Ugarico sarebbe stato occupato da un' altra parte, la sua nazione poteva reclamare tutto per sé senza colpo ferire.
Certo, visto che tale decisione non era propriamente stata prevista, in caso di successo, si doveva preoccupare di sentire il parere della Camera, ma come primo passo verso la presa dei territori poteva andare.
Senza pensarci troppo, Contratto balzò su tutte e quattro le gambe, e prese la sua valigia, situata dietro le casse. Una volta sollevata questa con la magia, Contratto procedette a posizionare il bagaglio sul letto, per poi estrarre da una delle tasche un foglio, un calamaio chiuso con un tappo di cera rosso, e una piuma d' oca. Presi tali materiali, si mise a scrivere le offerte diplomatiche che voleva proporre.
Finito di scrivere ciò, egli si attaccò alla cintura il foglio, e si avviò verso la porta, certo così di arrivare alla porta del Salone giusto in tempo per l' inizio dell' incontro: Contratto aprì la porta della sua stanza, e si avviò a passo svelto verso la Sala delle Trattative, tre piani più sotto.
Passando per i corridoi con i pavimenti tappezzati, e le scale in marmo altrettanto tappezzate, Contratto raggiunse finalmente la porta che portava alla stanza dove si sarebbe svolta la riunione: tale porta, a dire la verità un portone in legno rosso con maniglie di ottone, era sorvegliata da un grifone servitore, le cui penne erano di colore nero, mentre la sua parte posteriore era grigio scuro. Egli si era appoggiato con la schiena appoggiato allo stipite sinistro della porta, e stava guardando con disinteresse una delle sue penne, probabilmente strappata in un momento di noia.
Il grifone, probabilmente un guardiano, indossava una cintura marrone, e da tale cintura ciondolava una pistola a tamburo, il grifone indossava anche un berretto floscio di colore grigio.
Era evidente, dallo sguardo che aveva lanciato a Contratto, che la guardia grifone era estremamente scocciata, e poco incline al dialogo.
Ma Contratto non si accorse nel modo più assoluto della guardia, e si limitò ad aprire la porta... per poi sentire qualcosa trarlo per il collo.
Appena egli si voltò, il pony notòche il grifone lo stava trattenendo per il collo.
“Dove pensi di andare ?”, chiese la guardia con voce rauca da fumatore.
Contratto, soffocando, rispose: “Sono... autorizzato... ad... entrare... chiedi... ai... tuoi... colleghi...”
Il grifone, allentando a stretta, guardò dritto negli occhi Contratto: quest' ultimo cominciò a sudare, e si ritrovò con le pupille rimpicciolite. Gli sguardi si incrociaono per venti lunghi minuti, fino a quando la porta non si aprì.
Una voce tonante sucente dalla porta disse:
“SE BECCO QUELLO ST...”
Questa voce, prodotta da un pony di terra giallo scuro con divisa da ufficiale grigia, si fermò all' impprovviso, alla vista della guardia tenente per il collo Contratto Bruciato.
Tale pony giallo disse, con voce irritata: “Roheisen, cosa diavolo stai facendo ?”
Il grifone, sentendo il richiamo del padrone, rispose: “Stavo trattenendo questo individuo: potrebbe essere un intruso.”
Il pony giallo, mettendo lo zoccolo destro sul suo volto barbuto, disse:
“Quante volte te l' ho spiegato ? Non è possibile che qualcuno si possa infiltrare in questo edficio di giorno, poiché tutte le finestre delle camere inutilizzate son sbarrate; che le guardie all' ingresso sono testate ogni giorno...”
Il grifone sbuffò: “Sì, sì, ho capito.”, e rilasciò Contratto, che cadde a terra dentro la sala.
La Sala era una delle stanze più grosse dell' edificio, e, al contempo, più spartana: fatte eccezzioni per le cinque aste di bronzo per le bandiere di volta in volta issate, a seconda di quale nazione in quel momento stava provando ad ottenere concessioni da parte degli Ugarici; un lungo tavolo in mogano importato; sedie in legno di abete, proveniente dalle foreste montane poco lontane da Wien; due penne d' oca, una nera per firmare le dichiarazioni di guerra e una bianca per tutti gli altri documenti; e degli scaffali ai lati della stanza, pieni di raccoglitori per i vari documenti; non c' era altro nella stanza.
Seduti sulle sedie c' erano altri due pony: uno era un pegaso blu scuro obeso con machia nera sul muso, baffi a manubrio, e un vestito grigio elegante con botoni d' ottone, che gli stava comicamente stretto.
L' altro era un unicorno marrone chiaro, apparentemente alto, con indosso una semplic mantella nera.
Questi due pony, alla vista di Contratto cadente a terra, voltarono la testa verso il diplomatico straniero.
Il pegaso scrollò le spalle, e fece finta di nulla, tornando a contemplare i documenti sul tavolo; mentre l' unicorno, con aria di superiorità, chiese:
“Signor Contratto, perchè vossia si trova in queste condizioni ?”
Il pony di terra in divisa da ufficiale rispose che la colpa era di una guardia troppo zelante, e che, sì, quello era il diplomatico lituriano. Data questa spiegazione, l' unicorno tornò a guardare i documenti; mentre Contratto e il pony di terra si accomodavano sulle sedie.
Poco dopo, Contratto, schiarendosi la voce, disse: “Vorrei procedere alla presentazione delle condizioni.”, e prese il foglio che aveva attaccato alla cintura. Con un teatrale gesto, Contratto parlò con voce proclamante“Io, in quanto rappresentante della nazione di Lituria, proprongo a voi signori, queste condizioni...”, e sbattè il foglio sul tavolo, risvegliando il pegaso diplomatico, nel frattanto addormentatosi.
“Il passagio, in termini amministrativi, giuridici, e militari, delle regioni di Villanova ed istria. In cambio di tali cessioni territoriali al Regno di Lituria, l' Impero Brigliao-Ugarico riceverà metà delle imposte ricevute da tali territori. Questo è quanto”, e così il diplomatico liturano posò il foglio sul tavolo.
“Il vostro responso ?”
Il diplomatico giallo scuro, dopo essersi grattato un poco il mento in segno di meditazione, commentò:
“Le condizioni sembrano accettabili. Forse possiamo procedere con il primo passo per il completamento di queste lunghe trattative. A prima sentiamo il parere degli altri miei colleghi qui presenti.”
Il diplomatico col mantello disse: “Non accetteremo questa proposta. L' Istria e Villanova rimarranno sempre nostre. Se le volte, venite a prendeverle con la forza.”
Sbuffando, il pony giallo scuro passò al suo grasso collega.
“Il suo parere, Graf Pferd Faul ?”
Il pegaso blu, dopo aver aver sbadigliato fragorosamente, rispose:
“Sono sempre con il Marki Ingerlekeny. Lo sai benissimo.”
Il pony di terra, ancora più frustrato:
“Graf, le chiedo cortesemente di tenere un atteggiamento più consono a un incontro diplomatico. In ogni caso, le ripeterò la domanda: quale è la vostra opinione, su cedere Istria e Villanova a Lituria, in cambio di compensazioni economiche ?”
Pfder si voltò verso il marchese, e, sempre con la sua solita voce profonda, pose una domanda a quello:
“Scusa, che hai detto, Marki ?”
L' unicorno, stizzito, disse con voce acida: “Peggio per lei, Graf Pferd. Aveva a starmi a sentire.”
Pferd Faul alzò un poco la voce: “Dimmelo.”
Ingerlekny incrociò gli zoccoli anteriori
“Neanche per sogno. Lei ascolta, lei capisce.”
Il diplomatico giallo, ancora più irritato, bloccò la lite fra i due presunti gentilpony su nascere.
“Appianate le vostre infantili divergenze fuori da questo loco,” disse “siamo qui per fare il lavoro di diplomatici, non di operai tessili ubriachi.”
“Parli per sé, Nagy Diplomata Schӧn Redner.”: questa ful a risposta dell' unicorno; per poi procedere ad insultare la sapienza del pegaso. Di tutta risposta, il pegaso obeso procedette ad insinuare che la famiglia dell' unicorno avesse qualche abitudine incredibilmente oscena, che non posso menzionare a causa della sua crudezza.
Insulto dopo insulto, i due contendenti si avvicinavano sempre di più fisicamente, fino a quando non scaderono nella rissa.
Preso da pura indignazione, il pony di terra sbattè a terra le carte, ed urlò:
“Basta ! Basta ! L' incontro è annullato !”, poi, avvicinandosi a Contratto, Redner disse:
“Mi spiace. Dì al tuo paese che le trattative sono fallite, se per caso sai per tornare a casa.”
A tale frase, per la spina di Contratto passò il gelo.
Sapeva che significava, se le trattative fallivano...
Significava guerra.
All' interno dei corridoi pieni di pezzi di arte scultore del grosso palazzo, si sentivano soltanto i passi felpati dei grifoni servitori, e il leggero fruscio, simile a quello dei rami mossi dal vento, di scope e panni passati sui pavimenti in marmo del palazzo. E in buona parte delle lussuose stanze dei diplomatici regnava tiranno il silenzio, visto che erano vuote nel modo più assoluto, o i loro occupanti erano in giro a visitare la città, per passare il tempo fra un incontro diplomatico e un altro.
Ma in una delle camere nella parte più estrema dell' ala, c' era un occupante che non si dava pace, dando la sensazione che qualcosa di grosso stesse per accadere.
La camera era stata adibita da poco allo scopo di accogliere pony, a giudicare dalle decorazioni, copie di pezzi d' arte creati da pochi mesi, e dalla presenza di un paio di casse di legno di faggio impilate in un angolo del cubicolo.
Per il resto, la stanza era bella e che pronta: c' era un letto a una piazza con coperte di lino e cuscino on piume d' oca; c' erano alcune statue di teste allungate e abbozzate e teschi di granito impalati su picche di bronzo; un tappeto di manticora striata vicino al letto; e qualche vecchio quadro, alcuni erano ritratti di imperatori passati e di leggende, altri erano paesaggi dipinti col nuovo stile “Impressionista”, ovvero a chiazze di colore potenti e distinte, e senza forme delineate: nella stanza, fra i quadri di questo stile, ne spiaccava uno, che, con una gigatesca distesa di macchie verdi e azzurre e qualche chiazza nera, un prato verde con corvi all' interno.
Contratto Bruciato, un giovane unicorno diplomatico di colore giallo-verde, in quel momento missione diplomatica per il Regno di Lituria; stava girando in tondo nella stanza teso, perplesso, preoccupato: quando era partito, aveva ricevuto l' ordine di trattare con l' Impero Brigliao-Ugarico per la cessione delle regioni di Istria e Villanova abitati da alcune popolazioni desiderose di unirsi al giovane ma promettente stato di Lituria, e di ottenere tali territori a tutti i costi; ma Contratto, fino a qual momento non aveva ottenuto risultato alcuno, per colpa delle proposte da lui fatte, tutte bollate come “folli” dalla controparte. Egli era rimasto senza proposte da fare. E l' incontro sarebbe stato fra tre ore.
Certo, egli poteva sempre procrastinare, allontanare la data del suo incontro, evitare di presentarsi.
Ma Contratto non se la sentiva di fare ciò, non aveva il coraggio di non uscire dalla stanza, fingendo dissenteria o un colpo di sonno: tirarsi indietro non era quello per cui era stato pagato dal governo, né era educato a fare. Ma soprattutto, sarebbe stato molto errato, in termini da parte sua, rimandare le trattative a data da destinarsi.
E così il pony giallo-verde si era messo a girare in tondo per la stanza riccamente decorata, in cerca delle parole da pronunciare; dei gesti da fare; dei passi da muovere; delle mappe e carte da mostrare; davanti ai rappresentati dell' Impero.
In quel momento, stava osservando gli oggetti intorno a sé, in cerca di inspirazione.
Primo oggetto che prese la sua ispirazion: una statua di pietra di una testa mozzata infilata su una picca, sembrava un macabro trofeo di un capotribù barbaro dalla profonda Zebrica: questo pezzo d' arte inspirava brutalità e forza di agire, al pony diplomatico, che mormorò, mentre accarezzava la testa in pietra come un gatto in cerca di attenzioni:
“Forse l' aggressività è la risposta giusta, a questo intricato, spinoso, problema: basta che entri in sala con petto gonfio”, e il pony imitò tale gesto, ingrandendo di poco la sua stazza, “e dica con voce più minacciosa possibile i desideri del mio Re.”
Si creò un ghigno sulla faccia del pony diplomatico: aveva trovato la soluzione per i suoi problemi in pochissimo tempo, e, di certo, nessuno poteva discutere la sua abilità...
O no ?
All' improvviso, Contratto Bruciato smise di toccare la statua, e si mise un attimo ad osservarla, come in cerca di crepe e difetti, poi la rimise a posto.
“No, non funzionerà: l' immunità diplomatica ha un limite, dopotutto.”
E così ricominciò a guardarsi attorno, in cerca di idee sul da dirsi.
Dopo mezz' ora, ormai stanco di ritrovarsi rinchiuso nella stanza, egli decise di uscire sul balcone, a prendere una boccata d' aria che, probabilmente, lo avrebbe aiutato a pensare: così egli aprì la porta che dava al balcone, ed andò sul balcone.
Da quel punto dell' edifico, si poteva vedere il panorama glorioso di una fiorente città: davanti al palazzo, oltre le case dei ricchi e dei borghesi, si potevano vedere in lontananza da una parte le ciminiere di fabbriche lavoranti a tutto regime; e dall' altra, la grossa cattedrale bianca e nera in stile gotico dei Tempi Oscuri, che si stagliava in altezza su tutti gli altri palazzi. Nelle strade al di sotto del palazzo, gli unici elementi di attività erano gli occasionali pony passeggianti per le strade, e qualche carrozza trainata da servi passante in mezzo alla strada.
Contratto continuò ad osservare a lungo il panorama che gli si stagliava davanti a lui, sempre fremendo di pensieri e inquietudine.
Alla fine, sospirando, egli tornò all' interno: non aveva ancora trovato una soluzione.
Il pony, ormai sull' orlo di una crisi di nervi, si gettò sul letto a pancia in su e si rotolò sopra le coperte in lino, disperato.
E, nel frattempo, il fuscio dei servitori grifoni era cessato, lasciando dietro solo silenzio assoluto.
Quando tutto si chetò, a Contratto Bruciato venne un' idea: proporre al tavolo, in cambio dei territori che il suo Re voleva tanto, un tributo pari a metà delle tasse ricavate da quei posti. Sembrava qualcosa di perfetto: tutti ottenevano qualcosa nel breve termine, e, quando l' Impero Brigliaio-Ugarico sarebbe stato occupato da un' altra parte, la sua nazione poteva reclamare tutto per sé senza colpo ferire.
Certo, visto che tale decisione non era propriamente stata prevista, in caso di successo, si doveva preoccupare di sentire il parere della Camera, ma come primo passo verso la presa dei territori poteva andare.
Senza pensarci troppo, Contratto balzò su tutte e quattro le gambe, e prese la sua valigia, situata dietro le casse. Una volta sollevata questa con la magia, Contratto procedette a posizionare il bagaglio sul letto, per poi estrarre da una delle tasche un foglio, un calamaio chiuso con un tappo di cera rosso, e una piuma d' oca. Presi tali materiali, si mise a scrivere le offerte diplomatiche che voleva proporre.
Finito di scrivere ciò, egli si attaccò alla cintura il foglio, e si avviò verso la porta, certo così di arrivare alla porta del Salone giusto in tempo per l' inizio dell' incontro: Contratto aprì la porta della sua stanza, e si avviò a passo svelto verso la Sala delle Trattative, tre piani più sotto.
Passando per i corridoi con i pavimenti tappezzati, e le scale in marmo altrettanto tappezzate, Contratto raggiunse finalmente la porta che portava alla stanza dove si sarebbe svolta la riunione: tale porta, a dire la verità un portone in legno rosso con maniglie di ottone, era sorvegliata da un grifone servitore, le cui penne erano di colore nero, mentre la sua parte posteriore era grigio scuro. Egli si era appoggiato con la schiena appoggiato allo stipite sinistro della porta, e stava guardando con disinteresse una delle sue penne, probabilmente strappata in un momento di noia.
Il grifone, probabilmente un guardiano, indossava una cintura marrone, e da tale cintura ciondolava una pistola a tamburo, il grifone indossava anche un berretto floscio di colore grigio.
Era evidente, dallo sguardo che aveva lanciato a Contratto, che la guardia grifone era estremamente scocciata, e poco incline al dialogo.
Ma Contratto non si accorse nel modo più assoluto della guardia, e si limitò ad aprire la porta... per poi sentire qualcosa trarlo per il collo.
Appena egli si voltò, il pony notòche il grifone lo stava trattenendo per il collo.
“Dove pensi di andare ?”, chiese la guardia con voce rauca da fumatore.
Contratto, soffocando, rispose: “Sono... autorizzato... ad... entrare... chiedi... ai... tuoi... colleghi...”
Il grifone, allentando a stretta, guardò dritto negli occhi Contratto: quest' ultimo cominciò a sudare, e si ritrovò con le pupille rimpicciolite. Gli sguardi si incrociaono per venti lunghi minuti, fino a quando la porta non si aprì.
Una voce tonante sucente dalla porta disse:
“SE BECCO QUELLO ST...”
Questa voce, prodotta da un pony di terra giallo scuro con divisa da ufficiale grigia, si fermò all' impprovviso, alla vista della guardia tenente per il collo Contratto Bruciato.
Tale pony giallo disse, con voce irritata: “Roheisen, cosa diavolo stai facendo ?”
Il grifone, sentendo il richiamo del padrone, rispose: “Stavo trattenendo questo individuo: potrebbe essere un intruso.”
Il pony giallo, mettendo lo zoccolo destro sul suo volto barbuto, disse:
“Quante volte te l' ho spiegato ? Non è possibile che qualcuno si possa infiltrare in questo edficio di giorno, poiché tutte le finestre delle camere inutilizzate son sbarrate; che le guardie all' ingresso sono testate ogni giorno...”
Il grifone sbuffò: “Sì, sì, ho capito.”, e rilasciò Contratto, che cadde a terra dentro la sala.
La Sala era una delle stanze più grosse dell' edificio, e, al contempo, più spartana: fatte eccezzioni per le cinque aste di bronzo per le bandiere di volta in volta issate, a seconda di quale nazione in quel momento stava provando ad ottenere concessioni da parte degli Ugarici; un lungo tavolo in mogano importato; sedie in legno di abete, proveniente dalle foreste montane poco lontane da Wien; due penne d' oca, una nera per firmare le dichiarazioni di guerra e una bianca per tutti gli altri documenti; e degli scaffali ai lati della stanza, pieni di raccoglitori per i vari documenti; non c' era altro nella stanza.
Seduti sulle sedie c' erano altri due pony: uno era un pegaso blu scuro obeso con machia nera sul muso, baffi a manubrio, e un vestito grigio elegante con botoni d' ottone, che gli stava comicamente stretto.
L' altro era un unicorno marrone chiaro, apparentemente alto, con indosso una semplic mantella nera.
Questi due pony, alla vista di Contratto cadente a terra, voltarono la testa verso il diplomatico straniero.
Il pegaso scrollò le spalle, e fece finta di nulla, tornando a contemplare i documenti sul tavolo; mentre l' unicorno, con aria di superiorità, chiese:
“Signor Contratto, perchè vossia si trova in queste condizioni ?”
Il pony di terra in divisa da ufficiale rispose che la colpa era di una guardia troppo zelante, e che, sì, quello era il diplomatico lituriano. Data questa spiegazione, l' unicorno tornò a guardare i documenti; mentre Contratto e il pony di terra si accomodavano sulle sedie.
Poco dopo, Contratto, schiarendosi la voce, disse: “Vorrei procedere alla presentazione delle condizioni.”, e prese il foglio che aveva attaccato alla cintura. Con un teatrale gesto, Contratto parlò con voce proclamante“Io, in quanto rappresentante della nazione di Lituria, proprongo a voi signori, queste condizioni...”, e sbattè il foglio sul tavolo, risvegliando il pegaso diplomatico, nel frattanto addormentatosi.
“Il passagio, in termini amministrativi, giuridici, e militari, delle regioni di Villanova ed istria. In cambio di tali cessioni territoriali al Regno di Lituria, l' Impero Brigliao-Ugarico riceverà metà delle imposte ricevute da tali territori. Questo è quanto”, e così il diplomatico liturano posò il foglio sul tavolo.
“Il vostro responso ?”
Il diplomatico giallo scuro, dopo essersi grattato un poco il mento in segno di meditazione, commentò:
“Le condizioni sembrano accettabili. Forse possiamo procedere con il primo passo per il completamento di queste lunghe trattative. A prima sentiamo il parere degli altri miei colleghi qui presenti.”
Il diplomatico col mantello disse: “Non accetteremo questa proposta. L' Istria e Villanova rimarranno sempre nostre. Se le volte, venite a prendeverle con la forza.”
Sbuffando, il pony giallo scuro passò al suo grasso collega.
“Il suo parere, Graf Pferd Faul ?”
Il pegaso blu, dopo aver aver sbadigliato fragorosamente, rispose:
“Sono sempre con il Marki Ingerlekeny. Lo sai benissimo.”
Il pony di terra, ancora più frustrato:
“Graf, le chiedo cortesemente di tenere un atteggiamento più consono a un incontro diplomatico. In ogni caso, le ripeterò la domanda: quale è la vostra opinione, su cedere Istria e Villanova a Lituria, in cambio di compensazioni economiche ?”
Pfder si voltò verso il marchese, e, sempre con la sua solita voce profonda, pose una domanda a quello:
“Scusa, che hai detto, Marki ?”
L' unicorno, stizzito, disse con voce acida: “Peggio per lei, Graf Pferd. Aveva a starmi a sentire.”
Pferd Faul alzò un poco la voce: “Dimmelo.”
Ingerlekny incrociò gli zoccoli anteriori
“Neanche per sogno. Lei ascolta, lei capisce.”
Il diplomatico giallo, ancora più irritato, bloccò la lite fra i due presunti gentilpony su nascere.
“Appianate le vostre infantili divergenze fuori da questo loco,” disse “siamo qui per fare il lavoro di diplomatici, non di operai tessili ubriachi.”
“Parli per sé, Nagy Diplomata Schӧn Redner.”: questa ful a risposta dell' unicorno; per poi procedere ad insultare la sapienza del pegaso. Di tutta risposta, il pegaso obeso procedette ad insinuare che la famiglia dell' unicorno avesse qualche abitudine incredibilmente oscena, che non posso menzionare a causa della sua crudezza.
Insulto dopo insulto, i due contendenti si avvicinavano sempre di più fisicamente, fino a quando non scaderono nella rissa.
Preso da pura indignazione, il pony di terra sbattè a terra le carte, ed urlò:
“Basta ! Basta ! L' incontro è annullato !”, poi, avvicinandosi a Contratto, Redner disse:
“Mi spiace. Dì al tuo paese che le trattative sono fallite, se per caso sai per tornare a casa.”
A tale frase, per la spina di Contratto passò il gelo.
Sapeva che significava, se le trattative fallivano...
Significava guerra.
Capitolo 2
La sera dello stesso giorno, in Lituria, nella grande città di Milado, la notte era appena calata, e gli operai diurni facevano a cambio con quelli notturni: fra i primi, alcuni tornavano alle loro minuscole case, ove gli aspettava una solitaria dormita su un tavolaccio coperto dopo una misera cena, fatta da una singola ciotola di minestra di ceci, o una casa piena fina a scoppiare delle povere anime dei molti figli e della moglie.
I pochi che se lo potevano permettere, magari perchè buoni risparmiatori, o facenti una lavoro meglio pagato all' interno della fabbrica, andavano all' unica osteria della zona industriale che aveva prezzi abbastanza bassi da poter consegnare quattro boccali di birra agli avventori senza scatenare trattative epiche sul prezzo.
L' osteria, all' esterno, presentava una rozza insegna di un' oca stilizzata circondata da fiamme anch' esse stilizzate: sotto tale meraviglia di arte operaia, c' era il nome dell' osteria scritto col nerofumo, “L' Oca Bruciata”. Considerato il fatto che i muri, un tempo rosso mattone, allroa erano diventati neri per la fuliggine, e che diversetravi di legno erano andate a fuoco nel corso degli anni, e mai sostiuite, il nome “Oca Bruciata” pareva quantomeno appropriato.
L' interno del bar non era molto più lussuoso: il bancone era una semplice lastra di pietra grezza; gli sgabelli erano famosi per la loro tendenza a rompersi al minimo urto causa tarli; i barili di birra, bene in vista, erano ormai marci, e puzzavano di urina: visto che la birra era tirata fuori da lì, molti erano portati a pensare che quel liquido giallo non fosse birra, ma l' oste continuava a negare la presenza di urina nelle botti.
L' oste Briao, un grifone col becco spuntato e le penne rosse e bianche, a dispetto dell' aspetto locale che gestiva e della clientela non proprio educatissima, era un tipo piuttosto rilassato e poco tendente alla rissa. Ovviamente, la sua mitezza era schernita piuttosto spesso dagli avventori abituali: l' interessato non rispose mai alle provocazioni.
Quella sera era stata, fino a quel momento, la solita serata di bevute, ubriacatrue, chiacchere a vanvera e pestaggi.
Ora era notte piuttosto fonda, e solo due pony, uno marrone con criniera nera e l' altro blu scuro con criniera grigia, erano operai appena usciti dal lavoro: ambi cercavano di annegare i loro dispiaceri nell' alcool da quattro soldi, rimanevano nel locale.
“Hai sentito di Bullone Fuso ?”
“Quel tizio che è caduto dentro il feror fuso ?”
“Sì. Povero diavolo. Ma almeno non ha lascito in miseria nessuna famiglia.”
“Già. Se io non torno a casa, al mio posto entrano fame e sete.”
“Non che faccia molta differenza, considerata la paga.”
Nel durante di questo deprimente dialogo, il pony marrone esordì con:
“Forse se mi arruolassi verrei pagati di più.”
L' altro, prendendo un' altro sorso di birra, rispose:
“Improbabile, lo standard di reclutamento è piuttosto elevato. Chiedono giovini forti, non operai indeboliti dalla fame.”
Finendo il boccale seguito da un sonoro rutto, l' avventore marrone diede la sua risposta:
“Se non mi pigliano ora, mi prenderanno senz' altro più avanti.”
Dubbioso, l' altro operaio domandò:
“E per quale motivo ? Non mi pare che siamo in guerra...”
L' oste, senza motivo apparente, si introdusse nella discussione:
“Se le notizie che ho letto sul giornale sono corrette ed ancora fresche, il governo sta pensando di trattare per ottenere Villanova e l' Istria dai brigliai. Se falliscono le trattative, ci sarà guerra. Secondo mio zio, il nostro esercito come è adesso è troppo piccolo, e necessiterebbe di coscrizione e gli standard verranno abbassati...”
“Ed io, probabilmente, verrò coscritto.”
L' altro operai commentò: “Come no. Non credo che il re, o chi per lui, sia così demente da voler portare guerra ai brigliai. I loro eserciti sono troppo forti. Sarebbe pazzia.”
Briao commentò: “Come se fosse la prima volta nella Storia. Sono fiducioso che, se combatteremo, sapremo come fare e con chi.”
Il pony blu sucro si limitò a fare facehoof, e a scuotere lo zoccolo libero per chiedere il boccale della staffa.
I pochi che se lo potevano permettere, magari perchè buoni risparmiatori, o facenti una lavoro meglio pagato all' interno della fabbrica, andavano all' unica osteria della zona industriale che aveva prezzi abbastanza bassi da poter consegnare quattro boccali di birra agli avventori senza scatenare trattative epiche sul prezzo.
L' osteria, all' esterno, presentava una rozza insegna di un' oca stilizzata circondata da fiamme anch' esse stilizzate: sotto tale meraviglia di arte operaia, c' era il nome dell' osteria scritto col nerofumo, “L' Oca Bruciata”. Considerato il fatto che i muri, un tempo rosso mattone, allroa erano diventati neri per la fuliggine, e che diversetravi di legno erano andate a fuoco nel corso degli anni, e mai sostiuite, il nome “Oca Bruciata” pareva quantomeno appropriato.
L' interno del bar non era molto più lussuoso: il bancone era una semplice lastra di pietra grezza; gli sgabelli erano famosi per la loro tendenza a rompersi al minimo urto causa tarli; i barili di birra, bene in vista, erano ormai marci, e puzzavano di urina: visto che la birra era tirata fuori da lì, molti erano portati a pensare che quel liquido giallo non fosse birra, ma l' oste continuava a negare la presenza di urina nelle botti.
L' oste Briao, un grifone col becco spuntato e le penne rosse e bianche, a dispetto dell' aspetto locale che gestiva e della clientela non proprio educatissima, era un tipo piuttosto rilassato e poco tendente alla rissa. Ovviamente, la sua mitezza era schernita piuttosto spesso dagli avventori abituali: l' interessato non rispose mai alle provocazioni.
Quella sera era stata, fino a quel momento, la solita serata di bevute, ubriacatrue, chiacchere a vanvera e pestaggi.
Ora era notte piuttosto fonda, e solo due pony, uno marrone con criniera nera e l' altro blu scuro con criniera grigia, erano operai appena usciti dal lavoro: ambi cercavano di annegare i loro dispiaceri nell' alcool da quattro soldi, rimanevano nel locale.
“Hai sentito di Bullone Fuso ?”
“Quel tizio che è caduto dentro il feror fuso ?”
“Sì. Povero diavolo. Ma almeno non ha lascito in miseria nessuna famiglia.”
“Già. Se io non torno a casa, al mio posto entrano fame e sete.”
“Non che faccia molta differenza, considerata la paga.”
Nel durante di questo deprimente dialogo, il pony marrone esordì con:
“Forse se mi arruolassi verrei pagati di più.”
L' altro, prendendo un' altro sorso di birra, rispose:
“Improbabile, lo standard di reclutamento è piuttosto elevato. Chiedono giovini forti, non operai indeboliti dalla fame.”
Finendo il boccale seguito da un sonoro rutto, l' avventore marrone diede la sua risposta:
“Se non mi pigliano ora, mi prenderanno senz' altro più avanti.”
Dubbioso, l' altro operaio domandò:
“E per quale motivo ? Non mi pare che siamo in guerra...”
L' oste, senza motivo apparente, si introdusse nella discussione:
“Se le notizie che ho letto sul giornale sono corrette ed ancora fresche, il governo sta pensando di trattare per ottenere Villanova e l' Istria dai brigliai. Se falliscono le trattative, ci sarà guerra. Secondo mio zio, il nostro esercito come è adesso è troppo piccolo, e necessiterebbe di coscrizione e gli standard verranno abbassati...”
“Ed io, probabilmente, verrò coscritto.”
L' altro operai commentò: “Come no. Non credo che il re, o chi per lui, sia così demente da voler portare guerra ai brigliai. I loro eserciti sono troppo forti. Sarebbe pazzia.”
Briao commentò: “Come se fosse la prima volta nella Storia. Sono fiducioso che, se combatteremo, sapremo come fare e con chi.”
Il pony blu sucro si limitò a fare facehoof, e a scuotere lo zoccolo libero per chiedere il boccale della staffa.
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Ave.
E, finalmente, ho avuto l' illuminazione: un fanfic a respiro abbastanza largo; con trama parzialmente pronta (ma ancora in fase di scrittura); ed idea penso originale.
Anche se ancora in fase di scrittura, ho già alcune idee su quello che scriverò all' interno, ergo, come disclaimer, dirò questo:
-Ci saranno tanti riferimenti a violenza. Niente gore se non in siuazioni estreme, ma la violenza c'è
-Vista l' ispirazione, e la mia tendenza a mettere tanti dettagli quando mi inspiro a qualcosa, la dissonanza di valori sarà presente.
Ovviamente qualsiasi intervento, commento, critica o consiglio su qualsiasi cosa da parte vostra è ben accetto, sia in positivo che in negativo. Meglio ricevere una critica subito che mi permetta di evitare miliardi di errori dopo. Ma ancor meglio è ottenere note positive, se ci sono, così da invogliarmi a proseguire.
La cover è un' immagine che ho preso a caso. Se qualcuno si offrisse di farmene una...
Detto questo, godetevi la mia storia !
