Penso che questa sia l'occasione perfetta per scrivere la mia recensione definitiva sul tanto acclamato Frozen, da sempre modello d'ispirazione per femministe e cosplayer di tutto il mondo che, almeno una volta, si sono ritrovate a cantare Let it Go. Il mio cervello, proprio nel momento in cui ho digitato queste parole, mi sembra letteralmente congelato, come se avessi mangiato troppo velocemente una granita in inverno e con i capelli bagnati, all'aperto. Nulla che una buona cuffia messa in testa possa rimediare, non disperate.
Ora che mi sento meglio, posso sistemarmi sulla scrivania dove sta il mio computer per formulare una recensione, che la maggior parte di voi troverà pallosa, dove espongo le mie idee sul film, in cui vi dirò, una volta per tutte, perché il tanto acclamato Frozen non è per me solo sopravvalutato da critiche forse troppo permissive, ma bensì una chimera di difetti e quindi un film brutto.
La storia inizia con degli uomini impegnati a ricavare dei blocchi di ghiaccio da un lago ghiacciato (così da poterlo vendere), mentre cantano una canzone che, in chiave metaforica, introduce il tema principale della storia, il ghiaccio (guarda un po'), con un riferimento indiretto ad Elsa e a quello che le accadrà nel corso dell'opera.
Terminata questa simbolica introduzione ci vengono presentate le vere protagoniste del film, Anna ed Elsa, quest'ultima dotata di poteri che le permettono di creare dal nulla e modellare il ghiaccio, con il quale fa divertire e stupire la sorella minore. Durante un normale momento di gioco, però, Elsa colpisce accidentalmente Anna con un getto di ghiaccio che le si pianta nel cervello, raffreddandoglielo. I genitori, preoccupati, portano la bambina da un gruppo di troll capeggiato da uno sciamano che in qualche modo sa dei poteri di Elsa e riesce a “guarirla”.
Qui iniziano a sorgere già i primi problemi della pellicola.
Nel film non viene fatto intendere in nessun modo come Elsa abbia ricevuto i propri poteri, limitandosi a dire che essi li possiede fin da quando era nata tramite alcune parole del padre. Come diceva sempre la mia professoressa di Psicologia, “il testo senza un contesto è un pretesto”. Questo concetto si applica in modo pesante sui poteri di Elsa, i quali, privi di una base concreta che possa veramente inserirli nel contesto da cui sono tratti, fanno ruotare in modo discontinuo gli ingranaggi di una storia che, tutto sommato, non sta in piedi, e non solo nel suo inizio. I poteri di ghiaccio vengono presentati senza una spiegazione logica che li supporta e li mantenga saldi come il tema centrale. In molti hanno provato a giustificare - o per meglio dire, tappare - questo buco dicendo che tali poteri sono un dono, ma un dono fatto da chi, poi? E perché? Presa a parte, questa affermazione non significa nulla. In Rapunzel, dello stesso universo, venne spiegata l'origine dei poteri della principessa, e la simbologia che ne veniva fuori caratterizzava non poco la pellicola. Questo elemento in Frozen, manco a scriverlo, è assente, dando vita a un pretesto problematico da cui lo spettatore ne trarrebbe facilmente una soluzione. Mi spiego meglio, mentre proseguo con l'analisi. Il troll sciamano, come precauzione, cancellerà i ricordi di Anna relativi ai poteri di Elsa e poi dirà a quest'ultima, usando immagini boreali terrificanti, che se si farà sopraffare dalla paura perderà controllo dei suoi poteri. La prima pignoleria salta fuori proprio nel domandarsi il senso della rimozione dei ricordi dalla mente di Anna poiché, oltre a peggiorare solo la paura e i dubbi di Elsa, che già giacevano in modo precario, fa sorgere a noi un dubbio che presto o tardi li avrebbe comunque riscoperti. La seconda pignoleria è rivolta direttamente al troll sciamano, che anche se ci viene presentata come una figura saggia e informata, in verità non ha fatto altro che terrorizzare Elsa con i suoi gesti e le sue parole, causando in lei un tracollo emotivo che le farà perdere possesso della facoltà di controllare e manipolare il ghiaccio dando così il via all'immenso casino, che per come si svolge la scena fa credere che i problemi sorgono proprio a causa di quest'ultimi, quando non è esattamente così.
Il primo grave difetto di questo film è proprio l'assenza di un reale fattore problematico concreto, che porti lo spettatore a rimanere sulle spine e al domandarsi come si risolverà la questione. Qui tutto si sarebbe potuto risolvere allegramente con un rincuoro di Elsa da parte dei genitori e dello sciamano ignorante, che le avrebbero fatto capire che l'accaduto era solo un incidente non calcolato, e che se avesse continuato ad usare i poteri come ha sempre fatto, allora tutto sarebbe andato per il meglio. Solo che così non si poteva elaborare una storia lunga 100 minuti.
Questo problema si trascina pure nel suo sviluppo.
Elsa ed Anna, infatti, vengono separate affinché quest'ultima possa rimanere al sicuro, fino a quando Elsa non sarà in grado di controllare le sue paure, portandola a vivere un'infanzia vuota, noiosa e triste. Lo stesso discorso esposto prima vale anche qui. L'isolamento della giovane principessa dal resto del mondo non aiuta a risolvere il suo problema, e per come la butta giù la storia non era la sola soluzione attuabile, né la migliore. Guardando alla realtà, prendiamo in esempio le persone affette da Agorafobia e facciamo un confronto. La soluzione a questa malattia consiste nel fare in modo che la persona che ne è affetta si riabitui a camminare negli spazi aperti o luoghi a lei non familiari fino a quando la paura non viene del tutto repressa. Fingendo che Elsa sia Agorafobica, la soluzione proposta per lei è di principio sbagliata e ignorante, e questo suscita un certo senso di imbarazzo nello spettatore coscienzioso, e non di commiserazione.
E lo sviluppo non fa altro che darmi ragione.
La principessa, infatti, riesce sempre meno ad avere controllo dei propri poteri per colpa della soluzione proposta per lei, mentre i genitori tenteranno con dedizione di rassicurarla nel corso degli anni e di aiutarla in tutti i modi, fino a quando un evento scontato non stroncherà le loro vite, lasciando le due sorelle orfane. Una priva della compagnia della sorella, l'altra in perenne angoscia e depressione.
Tutto questo poteva essere evitato con un banale “non è colpa tua”.
Passano gli anni, e le due sorelle sono ormai diventate maggiorenni. Anna è entusiasta, perché oltre a poter rivedere Elsa, dopo tanti anni, in occasione della sua incoronazione, vede in questo giorno anche la possibilità di poter trovare un principe da amare e sposare, come ci fa sapere tramite una sua canzone. Il fatto che questa ingenua Anna desideri un happy ever after alla fiabesca, a mio avviso, ci può benissimo stare, visto che la sua infanzia e adolescenza passata senza compagnia reciproca fraterna non ha avuto una buona influenza sulla sua capacità di giudizio. Alla fine, il principe arriva; la pellicola ci presenta Hans, un principe dal bell'aspetto (per citare Croix89) e dal carattere così zuccheroso e falso da essere insopportabile e non destare sospetto sulla sua natura da antagonista (ero ironico, se non sembrava palese). I due, manco a dirlo, si “innamorano”.
Verranno presentati anche altri personaggi secondari, tra cui il duca di Weselton, di cui mi levo subito il sassolino dalla scarpa dicendo che come personaggio è di una inutilità grottesca, presente solo per riempire alcuni intermezzi con scenette falsamente comiche o dall'aspetto sinistro di cui non ce ne frega nulla, visto che non hanno né capo né coda. Fate un test: immaginate di eliminare il duca dal film e provate a pensare se la trama sarebbe continuata lo stesso.
Riprendiamo.
Dopo essersi presi una cotta l'uno per l'altro, Hans ed Anna vanno a chiedere ad Elsa la sua benedizione per il loro matrimonio, ma quest'ultima rifiuta rinfacciandole un “non puoi sposare un uomo che conosci appena”, ed ha sicuramente ragione. Come morale, di per sé, non sarebbe affatto sbagliata; l'illogicità, però, sorgerà in un secondo momento, ma tranquilli che ci arriverò. Anna rimane così amareggiata dalle sue parole che pretende in modo così insistente da Elsa di sapere cosa non va in lei, che la porta a escludere tutti dalla sua vita, che essa reagisce infuriandosi e lanciando senza volerlo davvero una magia che genera una falange di stalagmiti. I presenti rimangono attoniti e impauriti, tanto che Elsa si spaventa e scappa abbandonando il regno e la sorella.
Tutto questo poteva essere evitato con un banale “non è colpa tua”.
Il regno viene avvolto dal ghiaccio e ciò rende difficile la vita dei suoi cittadini. Anna capisce quindi che può fare qualcosa e deciderà di mettersi alla ricerca della sorella, lasciando il regno nella mani del zuccheroso e odioso Hans durante la sua assenza.
Ora arriviamo alla scena che mi ha fatto volere bene a questo film come il diavolo lo vuole per l'acqua santa: Elsa che canta Let it Go. Il 2013 fu un vero periodaccio. Facebbok era pieno di post e video condivisi inerenti a 'sta canzone, prima in lingua originale e poi in altre lingue, che intasavano di noia la homepage di facebook e YouTube. Nulla contro questa canzone, che di per sé è bella, ma il troppo stroppia. Ma non era questo ciò su cui volevo soffermarmi. Analizzando la coreografia che accompagna la canzone è artisticamente passabile e notevole. La scala che si forma man mano che Elsa la sale, o anche il piano sequenza che mostra la costruzione del castello che si chiude con la formazione della rosa del lampadario. Fa solo strano vedere come Elsa riesca a trasformare il proprio abito per dargli un aspetto fresco e invernale, ma dettagli.
Il film ci riporta poi nuovamente su Anna, che dopo diverse ore passate a girovagare non ha ancora trovato la sorella. In una locanda in cui acquisterà abiti per affrontare il freddo, farà la conoscenza di Kristoff, un educatissimo venditore di ghiaccio che ama nutrirsi di carote condite con la bava della sua renna Sven. Facendo un patto con Anna, egli si offre di aiutarla a ritrovare la sorella perduta, e partendo con la slitta di Babbo Natale si mettono in viaggio. Dopo mille peripezie, che non elencherò, che servono per dare alla storia un taglio più avventuristico, i due incontrano Olaf, un pupazzo di neve creato dalla magia di Elsa mentre cantava Let it Go che ha preso vita. Al pari del duca di Weselton, Olaf è un personaggio inutile il cui ruolo è indefinito. Non fa ridere come spalla comica e non offre un mero e sostanzioso aiuto ad Anna o al troglodita biondo. Sembra quasi che il suo unico scopo sia quello di accaparrarsi il senso di tenerezza del pubblico con le sue fissazioni per gli abbracci caloriferi e il desiderio di provare il calore dell'estate. Una figura alla quale non ci si può affezionare facilmente e che non fa provare compassione. Ma tant'è, e per tutto il film ce la ritroveremo tra i piedi.
Il quartetto arriverà dopo un pomeriggio di cammino al castello creato da Elsa, e là Anna proverà a ricongiungersi con la sorella, beccandosi tuttavia da lei una saetta di ghiaccio nel cuore, a causa della sua proverbiale paura e mancanza di controllo, che l'avrebbe uccisa a breve. Atterrita e amareggiata, Elsa, non volendo più fare del male ad Anna, crea con la sua magia un orco di ghiaccio e neve che scaccia via il gruppo in modo alquanto manesco e prepotente. Alla faccia del fatto che Elsa non voleva fare del male ad Anna. Difatti, dopo una banale provocazione da parte di quest'ultima, l'orco di ghiaccio e neve, che in modo del tutto imbarazzante hanno chiamato Marshmallow, tenterà di uccidere la principessa e il venditore di ghiaccio, che riusciranno in estemis a salvarsi.
Il problema nella scena da me appena descritta non consiste solo nella mancanza di coerenza delle azioni di Elsa, quanto più nella sua tipologia. Avrebbe avuto sicuramente un impatto maggiore se tutto fosse stato più drastico e drammatico, al posto di una scena d'azione pseudo comica che non coinvolge e galvanizza più di tanto.
Avendo il ghiaccio di Elsa nel cuore, Kristoff accompagnerà Anna ad una seconda visita medica dai troll, i quali possono essere a conoscenza di un rimedio per il suo malus, mentre tra i due inizia a instaurarsi pian piano un legame affettivo e romantico.
Secondo grave problema del film: quando si vuole mettere in campo una morale che vuole smontare le storie d'amore dei classici Disney più vecchi, il minimo sarebbe mantenere una coerenza di base. Perché è inaccettabile che Anna si innamori di Hans dopo averlo conosciuto da solo un pomeriggio mentre è normale che prenda una cotta per un uomo che conosce da neanche due giorni? La scena di Elsa in cui dice ad Anna che è sbagliato sposare un uomo da poco conosciuto perché di ogni sua valenza dal momento che quest'ultima s'innamora di Kristoff e il film ce lo mostra come qualcosa di appropriato. Persino Come d'incanto, che è un normalissimo film Disney, ha saputo rappresentare meglio questa morale senza fare un errore così grossolano.
In una scena che non starò a descrivere nei minimi dettagli, alla fine Elsa viene catturata e imprigionata nelle segrete di Arendelle.
Arrivati i due dai troll, assistiamo alla scena in cui il nostro venditore di ghiaccioli, facendo la figura del matto, parla a loro e li saluta quando sono ancora sotto forma di sassi immobili. Se l'intento era quello di creare una sospensione dell'incredulità, allora l'obbiettivo fallisce ancor prima di iniziare, poiché il pubblico arrivato a quella scena è ben conscio del fatto che i troll si possono trasformare in sassi. Il fattore sorpresa va quindi a farsi benedire, e tutto quello che resta è una scena che rallenta solo il movimento già discontinuo degli ingranaggi già menzionati prima.
Dopo essersi fatti vedere, presentati e aver cantato una canzone che incoraggia l'unione tra Anna e Kristoff – perché, evidentemente, non hanno già sminchiato a dovere la morale di Elsa -, Anna inizia a star male e ad accusare i primi sintomi di congelamento. Si rifarà vivo, quindi, il troll sciamano, che fatta la sua diagnosi informerà che la sola cura sarà un “atto di vero amore in grado di sciogliere un cuore di ghiaccio”. Sinceramente, sono assai stufo di vedere come questo personaggio di supporto parli in modo così vago solo per celare uno sviluppo prevedibile. Non bastava certo il casino che ha fatto sormontare e che ha distrutto la vita di Elsa. Certo che no.
Tutto questo poteva essere evitato con un banale “non è colpa tua”.
Anna intuisce che la cura, per lei, sia che Hans la baci come dimostrazione del loro vero amore in grado di sciogliere il suo cuore che si sta congelando, e con esso tutto il corpo. Verrà quindi riportata da Kristoff e Sven ad al regno di Arendelle, dove si farà aiutare dal zuccheroso Hans. Lì, Anna, cercherà di strappargli un bacio ma, colpo di scena che tutti potevano intuire, Hans è in verità un uomo corrotto il cui solo desiderio è quello di avere il regno di Arendelle tramite un macchinoso piano diabolico a prova di principessa illusa. Questo Hans non ha mai destato alcun sospetto sulla sua mera natura da cattivo spilorcio.
Certo che no.
Lascerà quindi Anna in balia di se stessa in attesa che muoia di freddo. Letteralmente.
La sventurata verrà però soccorsa da Olaf che, in un modo che non ci è dato sapere, sapeva in quale precisa stanza dell'enorme castello del regno essa si trovava. Paradossale come la sola cosa utile che compie quel pupazzetto di neve mono dentato in tutti i 100 minuti di film sia ridicola poiché illogica.
Elsa evaderà di prigione grazie al suo potere, mentre Anna, affidandosi agli ultimi istanti di vita che le rimangono, proverà a salvare una volta per tutte la sorella da un tentativo di assassinio da parte di Hans mentre fuori si è scatenata una tormenta di neve.
Proprio nell'istante in cui mister zuccheraggine corrotta proverà a menare un fendente su Elsa, in mezzo a loro si frappone Anna, che in un brevissimo istante si trasformerà in ghiaccio così solido da frantumare la spada. Credendo di aver perso una volta per tutte la sorella, Elsa si lascia andare ad un pianto disperato, dimostrando così quanto le voleva bene. Ma siccome in questo film non muore nessuno – Marshmallow a parte -, Anna ritornerà normale e entrambe capiranno che ciò serviva fin dall'inizio, affinché Elsa stesse bene coi suoi poteri, era, in sunto, che quest'ultima non si chiudesse gli altri, mostrando così un cuore di ghiaccio.
Insomma, la logica era che Elsa continuava a vivere come aveva sempre fatto prima di ferire accidentalmente Anna, e nulla sarebbe andato storto.
…
Tutto questo poteva essere evitato con un banale “non è colpa tua”.
Stupido troll sciamano di m*rda! Quel caos è stato solo causa tua.
Alla fine, ogni personaggio riceve il suo happy ending e ogni cattivo, perfino l'inutile Weselton, riceve il suo ben servito, mentre il regno ritorna al suo originale splendore, ora che non ci stanno più tonnellate di neve a ricoprirlo.
Cosa mi resta da dire?
Frozen è il primo classico Disney che ritengo veramente sopravvalutato fino all'estremo, incoraggiato nel suo accoglimento positivo da un aggressivo marketing e un esplosivo sharing internettiano. A valutazioni concluse è una pellicola che si accaparra meriti che non ha, inscenando una storia piena di buchi come un emmental e mal scritta che ci lascia una morale ipocrita e un'altra non pienamente salvabile.
Mi resta da dargli solo il voto, che da un 5 e mezzo dato in precedenza si abbassa a 3.
E con questo ho finito, gente.
Alla prossima recensione.