L’oscurità era scesa col tramontare del sole, in un cielo completamente nero, tranne che per le stelle. Neppure la luna era presente in quella notte buia.
D’innanzi ad una montagna, qualcuno stava fissando una montagna verde con delle spirali nere che si stagliavano in alto. L’individuo indossava un mantello nero, il cui colore lo mimetizzava con le tenebre, che ricopriva tutto il suo corpo fino ai piedi, con tanto di cappuccio che gli copriva il volto, e un paio di guanti della medesima tonalità. Con la mano sinistra reggeva un bastone di bambù e, sulla destra, indossava un anello d’oro con un sigillo a stella a cinque punte fatta di lapislazzuli.
Quell’individuo poggiò il suo bastone a terra e tirò fuori dalla sua veste un libro dalla copertina color carne putrefatta, su cui c’era un volto urlante di sofferenza con gli occhi color sangue. Lo aprì cercando tra i contenuti di esso e, trovando quello che cercava, iniziò a leggere le parole che vi erano scritte. Mentre lo faceva la terra cominciò a tremare e una voragine si aprì vomitando fuoco, da essa si potevano sentire urla di dolore. Dalla essa spuntò fuori una zampa leonina, e tirò su con forza per far emergere il proprietario, una creatura dal corpo da leone e la testa d’asino. L’individuo incappucciato non perse tempo e corse verso la creatura prima che uscisse fuori completamente dalla voragine, e poggiò l’anello sulla sua fronte. Il contatto del sigillo sulla fronte della creatura fu molto bruciante, come se fosse incandescente e la bestia cacciò un ruggito di dolore. Quando il contatto si concluse, sulla fronte dell’essere era apparso il segno della stella a cinque punte, come se fosse stato marchiato a fuoco.
«Dannazione,» disse la creatura, dopo aver finito di emergere «Proprio quando finalmente posso riemergere nel mondo, mi tocca questo?» Il suo sguardo si posò poi sull’anello dell’individuo. «Ma dimmi, mago, come hai fatto a trovare quel maledetto anello?»
«Non sono affari tuoi». Rispose quest’ultimo con una voce metallica e distorta mentre recuperava il bastone. «Piuttosto, ora che sei sotto il mio controllo ti dirò tutto, devo rubare qualcosa, ed ho bisogno che tu mi aiuti».
«Se volevi rubare qualcosa, perché non me lo hai chiesto e basta? Io adoro aiutare i ladri. Ma almeno, quando mi hai evocato, sapevi chi stavi chiamando?»
«Certo che lo so. Sei Valefar, duca degli inferi, e demone dei ladri. Ed è per questo che non mi fido di te. Comunque, per questo furto, ho bisogno che tu mi crei un diversivo mentre prendo quello che voglio». Puntò l’anello verso di lui e continuò «Raduna le tue legioni e attacca immediatamente quel posto» spiegò indicando le spirali sulla montagna, «Aspetta ovviamente che sia dentro prima di agire. E quando sarò scappato potrai ritirarti, ovviamente richiudi il passaggio quando sarai scappato, non lasciare alcuna traccia di tè e, nel caso ti catturassero, non dire chi ti ha ordinato di fare questo».
«Perché non mandi direttamente me, dato che ormai mi hai chiamato?»
«Pensi che mi fidi abbastanza di te da farti vedere cosa voglio prendere o affidartelo anche solo momentaneamente? Mi occuperò personalmente e da solo di quello che voglio rubare».
«E perché hai chiamato proprio me allora? Lo sai che esistono demoni più potenti e battaglieri di me, e con una maggiore quantità di legioni».
«Ovvio. Ma, se chiamassi uno qualunque di loro, mi serberebbe rancore per il fatto che lo abbia scomodato per farci poco e niente, mentre tu, nonostante ti abbia costretto, sarai più che felice, di contribuire ad un furto, indipendentemente dal suo contesto».
«Vedo che mi conosci bene. E hai ragione. Se chiamassi un demone più pericoloso e lo sottomettessi, facendogli fare qualcosa di troppo piccolo per i suoi gusti, non smetterebbe mai di cercare una scappatoia per provare a vendicarsi».
«Se hai finito di parlare possiamo procedere. Vai a chiamare le tue legioni e attacca laggiù»
«D’accordo,» rispose il demone, «Farò come dici».
«Un ultima cosa. Quando avrò fatto ti invierò un segnale. E quello sarà il momento giusto per tornartene da dove sei venuto».
Chiarito quell’ultimo dettaglio, il demone annuì e tornò nella voragine.
Il mago, sicuro del fatto che avrebbe obbedito all’ordine, grazie all’anello, che si tolse mettendolo in tasca insieme al libro, si avviò verso le grandi spirali nere.
Camminando verso la montagna le spirali diventarono sempre più grandi, fino a quando lo sovrastarono completamente.
La figura incappucciata si fermò all’angolo di un incrocio riparato da una recinzione. Si concesse di ammirare lo spettacolo offertogli da quel posto. Le spirali nere sulla montagna, erano in realtà erano enormi edifici, senza porte né scale, ma solo delle grandi finestre che si alzavano imponenti in cielo, un fiume scorreva nel bel mezzo di quella che pareva una strana città fino ad una cascata, gli alberi aggiungevano un tocco decorativo alle strade di pietra compattata insieme. Ciò che saltava più nell’occhio era il fatto che la città era gigantesca e fuori misura rispetto a lui. Edifici, strade, tutto enorme sproporzionato e fuori misura, facendolo apparire piccolo ed insignificante in quel posto glorioso, anche se questo non gli avrebbe impedito di mettere in atto quello che aveva in mente. Tutto era stato pianificato nei minimi dettagli, con la massima cura e attenzione. Aveva passato notti a imparare la topografia del luogo, capire gli spostamenti delle guardie in modo da capire il momento giusto per passare e ad individuare dove si potesse ubicare ciò che cercava. Di solito non si esponeva direttamente, ma per quello che voleva fare questa volta era fondamentale che agisse di persona. A tal fine si era camuffato, curandosi anche di sostituire il bastone del potere che adoperava di solito, per non farsi riconoscere. Non poteva permettersi di fallire, lo sapeva fin troppo bene. Se gli abitanti avessero scoperto la sua presenza sarebbe sicuramente stata la sua fine. Un piccolo errore e tutto sarebbe andato in fumo.
Come se lo avesse profetizzato, un’ombra gigantesca si stava avvicinando in volo dirigendosi verso di lui e, prima che riuscisse a vederlo, si buttò a terra mettendosi nel bel mezzo del recinto. Fortunatamente l’ombra passò e lui poté proseguire.
Giunto di fronte all’enorme parete rocciosa di uno degli edifici che stavano proprio vicino alla cascata, puntò la propria mano contro sé stesso e cominciò a pensare a qualcosa di terribile che scatenasse la sua rabbia, ma anche a qualcosa di felice per tenerla sotto controllo, compiendo anche gesti precisi e complessi con la mano. Il mago cominciò ad essere sempre più sfocato, fino a diventare trasparente come un fantasma. Dopodiché si addentrò dentro all’edificio, passando attraverso il muro, ritornando poi tangibile. Fatto questo il suo corpo fu pervaso da una stanchezza micidiale, come se avesse fatto una lunga corsa. L’incantesimo era stato faticoso, ed ora aveva bisogno di riprendere fiato. Avrebbe dovuto farne a meno quando sarebbe scappato al ritorno.
Recuperate le forze, si avventurò per il corridoio oltre il muro, arrivando ad una rampa di scale gigantesche e fuori misura che portavano verso il basso, non sorprendendosi della cosa, dato che le erano per qualcosa di molto grosso.
La scalinata era molto lunga, ed era difficile scendere ogni gradino senza rischiare di farsi male. Alla fine vide un bagliore di luce arancione che veniva verso il basso, e vide il fondo delle scale. Improvvisamente vide un ombra proiettata dalla luce e, capendo cosa fosse, si buttò a terra in un angolo e si coprì completamente con il mantello, coprendo anche il suo bastone, mimetizzandosi con il colore nero delle scale. Il cuore gli batteva forte per la paura mentre i passi si facevano sempre più forti. Alla fine dalle tenebre vide passare un grosso drago che andò oltre non accorgendosi della sua presenza, non voltandosi neanche verso la sua direzione. L'animale aveva il muso da rettile, denti e corna appuntiti ed era ricoperto di squame color giallo. Mentre andava avanti, il cuore gli batteva forte per la paura. Se quella bestia lo vedeva o fiutava, sarebbe stata la fine per lui. La tensione continuò per tutto il momento in la bestia continuava a passare d’avanti a lui, ma continuò anche quando passò oltre ma fu ancora visibile. Solo dopo che fu abbastanza lontano da non farsi più vedere il mago tirò un sospiro di sollievo, per il pericolo scampato.
Meno male. Pensò.
L’incantesimo per isolare il rumore del battito del mio cuore ed il mio odore ha funzionato anche su di lui. Per fortuna questi sciocchi non hanno preso le adeguate precauzioni e contro le cose di taglia piccola.Recuperando il controllo continuò ad avanzare e, raggiunta la luce, entrò nella stanza illuminata. Essa era come un’enorme cupola sotterranea. C’erano miriadi di tesori e gioielli sparsi sul pavimento. Intere montagne di ricchezze a perdita d’occhio, monete d’oro e d’argento, pietre preziose, armi rare e di pregiata fattura, illuminate solo dalle luci di flebili fiammelle. Ignorò tutto quanto come se si trovasse davanti ad una montagna di banale ciarpame. Il suo obiettivo era un altro ben più prezioso di quei ninnoli. Sollevò un poco la mano e iniziò ad agitare le dita, mentre la sua mente rievocava di nuovo una rabbia, facendo attenzione a tenerla sotto controllo. Sbatté a terra il bastone e una brezza leggera si levò alle sue spalle. Il mantello iniziò a muoversi in tutte le direzioni e il suo corpo parve perdere peso. Come un foglio di carta, fu sollevato in aria e, levitando sopra le grosse ricchezze, si mise alla ricerca di quello per cui era venuto. Venne attratto all’improvviso dal rumore di un lento e possente respiro di qualcosa di molto grande e, dirigendosi in direzione di quel rumore, vide adagiata sopra le immense montagne d’oro e gioielli un altro drago, questa volta addormentato. L'animale, a differenza del precedente, era leggermente più piccolo e aveva le squame color argento. Respirava facendo sollevare le squame del dorso, la coda continuava a fare scatti nervosi nel sonno facendo tentennare i filamenti posti sulla punta. Uno spostamento dell’ala da pipistrello gli mostrò che il drago teneva amorevolmente e delicatamente tra le zampe artigliate un uovo.
Molto bene. Lei deve essere la mamma del piccolo. Ora devo aspettare e trovare l’uscita che ho visto dall’esterno.Così, muovendosi con attenzione e prudenza per i muri, trovò un corridoio scavato nella pietra, che conduceva fuori verso l’esterno. Il corridoio probabilmente, insieme ad altri, che erano nella stanza, serviva a far entrare aria in essa. E, anche se era troppo piccolo per un drago, era abbastanza grande per lui. Localizzato il punto, si nascose tra le montagne di tesori ed attese continuando a tenere d’occhio il drago. Come aveva previsto, dopo un’attesa non troppo lunga, si udì il rumore di un’esplosione proveniente da fuori, il cui rumore svegliò la dragonessa. Inizialmente rimase a guardare il suo uovo, ma poi, sentendo il rumore di altre esplosioni, decise di andare a controllare cosa stesse succedendo, lasciando la stanza incustodita. Per sicurezza decise di aspettare ancora un po’per assicurarsi che la madre del piccolo si fosse allontanata completamente.
Durante l’attesa sentì delle voci venire appena fuori dalla stanza.
«Ma cosa sta succedendo?» disse una voce femminile.
«Siamo sotto attacco, devo andare a combattere». Rispose una voce maschile.
«Vengo con te, non ti lascio solo. E l’uovo è al sicuro qua sotto Andiamo».
Dopodiché udì dei rumori di passi che si allontanavano sempre di più. Quando il suono scomparve completamente, si avvicinò all’uovo, tirò fuori, una lunga borsa nera dal mantello, e ce lo mise dentro. Poi, cominciò a correre verso il corridoio di roccia, con l’uovo nella sacca e vi entrò dentro. Mentre correva poteva sentire sempre più forte i rumori del trambusto di fuori.
Arrivato alla fine del corridoio vide la cascata ed il vuoto che passava dal buco nella roccia, e, non volendo perdere tempo, puntò il bastone del potere verso l’altro e si gettò nel vuoto. Mentre cadeva il bastone si illuminò di una luce flebile, e la caduta del mago rallentò notevolmente, come se fosse diventato leggero come una piuma. Una volta atterrato sul fondo della cascata, cominciò a correre, non osando neppure voltarsi per vedere la battaglia che infuriava tra draghi e demoni.
Alla fine arrivò all’ingresso di una caverna e, voltandosi, vedendo in lontananza il fumo, le esplosioni, e le fiammate che stavano accadendo alla città dei draghi, alzò il bastone in alto e sparò un raggio di energia verde da esso. Dopodiché si inoltrò all’interno del corridoio oscuro scavato nella roccia.
*
I draghi stavano festeggiando la vittoria, quando videro che i demoni si erano ritirati. Le truppe le inseguirono, e videro inoltrarsi nella voragine di fuoco che si chiuse poi sotto i loro occhi. Dopo aver ispezionato tutto il perimetro per vedere se c’erano altre voragini, conclusero che il tutto era di nuovo sicuro.
«Li abbiamo sconfitti e non abbiamo subito perdite». Disse un drago marrone. «I danni che hanno fatto possono essere sistemati»
«Ma non pensate che sia strano? Non erano dei demoni di grado eccessivamente alto, e non erano così numerosi da attaccare e distruggere la città. Oltretutto come sono arrivati qui? Non possono averci trovati da soli. E non pensate che sia stato troppo facile?» commentò un drago color verde.
«Non mi sorprenderebbe se fosse stata opera di Jormungand». Propose un drago viola «Quello è capace di tutto».
Durante la discussione, che poteva protrarsi parecchio, dove vennero tirate fuori le più svariate teorie, un drago d’oro si fece sentire da tutti e disse.
«Questo doveva essere un diversivo per qualcosa! Tornate nei vostri nidi, presto!»
A quelle parole i draghi si sbrigarono ad obbedire.
La dragonessa d’argento e quello giallo tornarono nella loro tana, e cominciarono a scendere le scale con una grande preoccupazione nel cuore. Quando alla fine arrivarono nella stanza del tesoro, videro con grande orrore che l’uovo era scomparso senza lasciare traccia. La dragonessa d’argento si sentì mancare il fiato a quella vista. Entrambi i draghi fiutarono disperatamente per sentire l’odore del ladro ma non sentirono nulla.
Allora tornarono all’uscita e diedero l’allarme. Ma, per quanto i draghi cercarono di aiutarli, non riuscirono a trovare l’uovo, né a capire chi fosse il responsabile di quella tragedia.