Non so se, in seguito, renderla una vera e propria serie, o semplicemente lasciarla così, incompleta.
Per ora mi concentrerò sull'altra.
A voi.
Mi chiamo Silent Crescent. Sono un pegaso.
Vivevo a Ponyville fino al giorno del Cataclisma, in una vita che rispecchiava esattamente il mio nome.
Silenziosa. Per quanto Ponyville fosse un paese dove tutti conoscevano tutti, se foste andati da qualcuno per chiedergli chi fossi, vi avrebbero semplicemente risposto: “Silent chi?”.
Ci sono due motivi, a questo.
Prima di tutto, perché odiavo, e odio ancora, essere al centro dell'attenzione, e avere gli occhi puntati su di me. Forse non è un caso il fatto che la mia attività preferita fosse solcare il cielo che divideva Ponyville da Cloudsdale nelle splendide notti fatte da Luna, e che preferissi quest'ultima a Celestia.
Il secondo motivo era invece più recente: mi ero innamorato. E come dice un certo ben famoso poeta del mondo degli umani, qualcuno il cui nome ha a che fare con le pietre, avevo paura che “di fuor si leggesse com'io dentro avvampassi”.
Chi era? Non seppi il suo nome per lungo, lungo tempo. Ma per tutto quel periodo, da qualche parte, in fondo al mio cuore, rimase la convinzione che la causa del Cataclisma fosse stato proprio l'amore che provavo per questa pegaso.
Ironicamente, fu proprio l'amore che provavo per lei a permettermi di andare avanti nei terribili mesi che seguirono gli atti del Cataclisma. E se adesso io sono qui, sopra questa nuvola tempestosa, e indosso quest'armatura e questo cappuccio e fisso i resti anneriti di Ponyville è solo grazie a quel sentimento che mi ha permesso, e contemporaneamente costretto, ad andare avanti.
Mi alzo in volo dalla nuvola, il mantello che svolazza nel vuoto di quella limpida notte, e scendo a terra con un tonfo, tenendo lo sguardo dritto davanti a me. Mi guardai intorno, immergendomi nei ricordi dei mesi precedenti e percorrendo le vie ormai vuote di quel posto.
Ponyville... dov'era la cittadina alla quale avevo legato tutti i miei ricordi e la mia giovinezza? Quella ridente e colorata cittadina dove ogni giorno qualcosa succedeva, e il senso del random dilagava ovunque?
Non c'era più. I sentimenti, l'allegria, la gioia che quella città ti trasmetteva erano morti e sepolti nella terra, ormai consumata e sterile. Camminai tra gli edifici anneriti, bruciati, mezzi distrutti sentendomi morire dentro, mentre nella mia testa riaffioravano i ricordi.
Lo SugarCube Corner... quante volte quella pony rosa di cui non mi ricordavo mai il nome mi aveva offerto dei dolcetti? E ogni volta che lo faceva, dimostrava sempre una memoria infallibile, ricordandosi il mio. Ed ovviamente, il senso di colpa che mi prendeva ad ogni offerta mi riprese anche in quel momento.
Avanzai oltre, fissando le strade, un tempo piene di gioia e di pony, e ora sgombre. L'unica presenza di quella città, il suo unico abitante, era il freddo vento dell'ovest, che adesso, senza più le montagne a fermarlo, era libero di raggiungere quella città fantasma.
Mi fermai e voltai lo sguardo verso la Biblioteca. O almeno, ciò che rimaneva dell'albero che un tempo l'ospitava. Adesso, c'era solo una grande quantità di cenere nera, che veniva spazzata via ad ogni colpo di vento, le pagine dei libri che erano riuscite a sopravvivere, giallastre ed annerite, seguivano i propri fratelli in cenere, volteggiando nel vuoto.
Tutte le volte che, silenziosamente, mi ero chiuso lì dentro a leggere e a fantasticare di mondi lontani e irraggiungibili, che però lo diventavano grazie alle mie ali? O di eroi coraggiosi e potenti, fieri del loro status e in grado di riuscire a fare qualcosa per un mondo che, lentamente, cadeva a pezzi?
Mi ricordavo della bibliotecaria. Twilight Sparkle. Mi consigliava sempre libri fantastici.
E come dimenticarsi di lei o delle sue amiche? Loro avevano guidato la popolazione di Ponyville al castello, immediatamente dopo il Cataclisma, ai rifugi offerti dalla Principessa Celestia di fronte al pericolo.
Ricordarmi delle sue amiche mi fa venire in mente qualcosa di doloroso. Ma visto che sono lì, tanto vale che mi rimembri il dolore fino alla radice.
Allora volgo lo sguardo verso sud e con un deciso battito di ali, prendo il volo, dirigendomi verso la Foresta di Everfree.
Cammino tra gli alberi secchi ed anneriti, guardandomi intorno. Quella foresta era il vanto di Equestria, l'habitat perfetto, rigoglioso e pieno di vita.
Ora la vita se n'è andata. Nessuno può più vivere in una terra come quella. E non solo nei dintorni di Ponyville. Il Cataclisma ha cambiato l'intero regno, rendendo zone un tempo tra le più fertili ora assolutamente invivibili, e facendone scomparire altre, come il deserto.
Mi volto a fissare un punto lontano, e mi incammino verso di esso con un sospiro, però deciso fino in fondo a fare quello che mi prefisso. Quella casa... era la casa della pony della quale ero stato innamorato per tutti quei mesi.
E poi, avevo scoperto il suo nome solo quando era dovuta partire insieme a Celestia e a una stretta cerchia di pony per il “nuovo mondo”, lasciando noialtri a riportare questa landa desolata agli antichi fasti. Quando, insomma, la monarca ci aveva abbandonato.
Ora... lo status quo che esisteva solo grazie alla presenza della principessa è morto. Non ci sono regole. Né alcun tipo di legge. L'unica, vera, grande chance di vivere... è solo sollevarsi sui corpi morti di coloro che ti circondano.
-Eppure un tempo non era così. Un tempo tutto questo aveva un senso...-
Mi fermo di fronte alla casa, che è completamente rovinata e secca e nera e inguardabile, nel suo insieme. Faccio un paio di passi avanti e ne apro la porta, fissando l'interno della casa della pony che avevo tenuto nel cuore per tutti quei mesi.
-...Fluttershy...- sussurro, fissando ciò che è rimasto di una casa che un tempo sicuramente sarebbe stata stupenda.E ora, invece, era solo un mausoleo di tutta l'ipocrisia e dell'egoismo di Celestia.
“Torneremo non appena avremo trovato una nuova terra! È una promessa!” ci aveva gridato mentre la sua figura scompariva nel sole. Da quel momento, per noi, c'è sempre e solo stata la notte. E il dominio di Luna. O, come preferisce essere chiamata, Nightmare Moon.
Non mi sarei mai dimenticato il giorno in cui avevo visto, per la prima volta, quella pegaso. Il modo in cui camminava con leggerezza ed allegria. La sua criniera di quel rosa chiaro. E i suoi occhi.
Chiudo i miei, di occhi, e stringo i denti per evitare di far cadere delle lacrime in quella casa. Mi volto, e ne esco in tutta fretta.
Ho già sofferto abbastanza, io.
Sono tornato al centro di Ponyville. Alzo lo sguardo a fissare di nuovo quella luna così eterna ed assoluta, ma sopratutto così circolare. L'ho guardata per così tante volte che mi sono dimenticato quale sia la sensazione di avere il sole che ti scalda la pelle e che ti illumina la via.
Ma anche se ero completamente circondato da oscurità, in quei mesi durissimi ero andato avanti. Avevo combattuto con le unghie e con i denti, per riuscire a sopravvivere.
E di quei mesi, passati in modo così duro, avevo un unico rimpianto.
Non essere riuscito a tenere Fluttershy qui, con me. Così lei se ne era andata...
E non aveva nemmeno idea che io esistessi.
Scuoto la testa, per togliermi dalla mente quel pensiero maligno, poi estendo le ali, dal piumaggio blu scuro di cui vado tanto fiero, e mi sollevo in aria, in quel così tanto ripetuto volo nella notte.
Meglio tornare a casa, ora. Gli altri mi stanno sicuramente aspettando.
Nessun nuovo superstite.
“...Fluttershy, zucchero, va tutto bene?” le chiede Applejack avvicinandosi all'amica color miele.
La pegaso si volta verso di lei e la fissa, annuendo.
“Mi sembri pensierosa...”
“Non so... ho le orecchie che fischiano”.
Vivevo a Ponyville fino al giorno del Cataclisma, in una vita che rispecchiava esattamente il mio nome.
Silenziosa. Per quanto Ponyville fosse un paese dove tutti conoscevano tutti, se foste andati da qualcuno per chiedergli chi fossi, vi avrebbero semplicemente risposto: “Silent chi?”.
Ci sono due motivi, a questo.
Prima di tutto, perché odiavo, e odio ancora, essere al centro dell'attenzione, e avere gli occhi puntati su di me. Forse non è un caso il fatto che la mia attività preferita fosse solcare il cielo che divideva Ponyville da Cloudsdale nelle splendide notti fatte da Luna, e che preferissi quest'ultima a Celestia.
Il secondo motivo era invece più recente: mi ero innamorato. E come dice un certo ben famoso poeta del mondo degli umani, qualcuno il cui nome ha a che fare con le pietre, avevo paura che “di fuor si leggesse com'io dentro avvampassi”.
Chi era? Non seppi il suo nome per lungo, lungo tempo. Ma per tutto quel periodo, da qualche parte, in fondo al mio cuore, rimase la convinzione che la causa del Cataclisma fosse stato proprio l'amore che provavo per questa pegaso.
Ironicamente, fu proprio l'amore che provavo per lei a permettermi di andare avanti nei terribili mesi che seguirono gli atti del Cataclisma. E se adesso io sono qui, sopra questa nuvola tempestosa, e indosso quest'armatura e questo cappuccio e fisso i resti anneriti di Ponyville è solo grazie a quel sentimento che mi ha permesso, e contemporaneamente costretto, ad andare avanti.
Mi alzo in volo dalla nuvola, il mantello che svolazza nel vuoto di quella limpida notte, e scendo a terra con un tonfo, tenendo lo sguardo dritto davanti a me. Mi guardai intorno, immergendomi nei ricordi dei mesi precedenti e percorrendo le vie ormai vuote di quel posto.
Ponyville... dov'era la cittadina alla quale avevo legato tutti i miei ricordi e la mia giovinezza? Quella ridente e colorata cittadina dove ogni giorno qualcosa succedeva, e il senso del random dilagava ovunque?
Non c'era più. I sentimenti, l'allegria, la gioia che quella città ti trasmetteva erano morti e sepolti nella terra, ormai consumata e sterile. Camminai tra gli edifici anneriti, bruciati, mezzi distrutti sentendomi morire dentro, mentre nella mia testa riaffioravano i ricordi.
Lo SugarCube Corner... quante volte quella pony rosa di cui non mi ricordavo mai il nome mi aveva offerto dei dolcetti? E ogni volta che lo faceva, dimostrava sempre una memoria infallibile, ricordandosi il mio. Ed ovviamente, il senso di colpa che mi prendeva ad ogni offerta mi riprese anche in quel momento.
Avanzai oltre, fissando le strade, un tempo piene di gioia e di pony, e ora sgombre. L'unica presenza di quella città, il suo unico abitante, era il freddo vento dell'ovest, che adesso, senza più le montagne a fermarlo, era libero di raggiungere quella città fantasma.
Mi fermai e voltai lo sguardo verso la Biblioteca. O almeno, ciò che rimaneva dell'albero che un tempo l'ospitava. Adesso, c'era solo una grande quantità di cenere nera, che veniva spazzata via ad ogni colpo di vento, le pagine dei libri che erano riuscite a sopravvivere, giallastre ed annerite, seguivano i propri fratelli in cenere, volteggiando nel vuoto.
Tutte le volte che, silenziosamente, mi ero chiuso lì dentro a leggere e a fantasticare di mondi lontani e irraggiungibili, che però lo diventavano grazie alle mie ali? O di eroi coraggiosi e potenti, fieri del loro status e in grado di riuscire a fare qualcosa per un mondo che, lentamente, cadeva a pezzi?
Mi ricordavo della bibliotecaria. Twilight Sparkle. Mi consigliava sempre libri fantastici.
E come dimenticarsi di lei o delle sue amiche? Loro avevano guidato la popolazione di Ponyville al castello, immediatamente dopo il Cataclisma, ai rifugi offerti dalla Principessa Celestia di fronte al pericolo.
Ricordarmi delle sue amiche mi fa venire in mente qualcosa di doloroso. Ma visto che sono lì, tanto vale che mi rimembri il dolore fino alla radice.
Allora volgo lo sguardo verso sud e con un deciso battito di ali, prendo il volo, dirigendomi verso la Foresta di Everfree.
Cammino tra gli alberi secchi ed anneriti, guardandomi intorno. Quella foresta era il vanto di Equestria, l'habitat perfetto, rigoglioso e pieno di vita.
Ora la vita se n'è andata. Nessuno può più vivere in una terra come quella. E non solo nei dintorni di Ponyville. Il Cataclisma ha cambiato l'intero regno, rendendo zone un tempo tra le più fertili ora assolutamente invivibili, e facendone scomparire altre, come il deserto.
Mi volto a fissare un punto lontano, e mi incammino verso di esso con un sospiro, però deciso fino in fondo a fare quello che mi prefisso. Quella casa... era la casa della pony della quale ero stato innamorato per tutti quei mesi.
E poi, avevo scoperto il suo nome solo quando era dovuta partire insieme a Celestia e a una stretta cerchia di pony per il “nuovo mondo”, lasciando noialtri a riportare questa landa desolata agli antichi fasti. Quando, insomma, la monarca ci aveva abbandonato.
Ora... lo status quo che esisteva solo grazie alla presenza della principessa è morto. Non ci sono regole. Né alcun tipo di legge. L'unica, vera, grande chance di vivere... è solo sollevarsi sui corpi morti di coloro che ti circondano.
-Eppure un tempo non era così. Un tempo tutto questo aveva un senso...-
Mi fermo di fronte alla casa, che è completamente rovinata e secca e nera e inguardabile, nel suo insieme. Faccio un paio di passi avanti e ne apro la porta, fissando l'interno della casa della pony che avevo tenuto nel cuore per tutti quei mesi.
-...Fluttershy...- sussurro, fissando ciò che è rimasto di una casa che un tempo sicuramente sarebbe stata stupenda.E ora, invece, era solo un mausoleo di tutta l'ipocrisia e dell'egoismo di Celestia.
“Torneremo non appena avremo trovato una nuova terra! È una promessa!” ci aveva gridato mentre la sua figura scompariva nel sole. Da quel momento, per noi, c'è sempre e solo stata la notte. E il dominio di Luna. O, come preferisce essere chiamata, Nightmare Moon.
Non mi sarei mai dimenticato il giorno in cui avevo visto, per la prima volta, quella pegaso. Il modo in cui camminava con leggerezza ed allegria. La sua criniera di quel rosa chiaro. E i suoi occhi.
Chiudo i miei, di occhi, e stringo i denti per evitare di far cadere delle lacrime in quella casa. Mi volto, e ne esco in tutta fretta.
Ho già sofferto abbastanza, io.
Sono tornato al centro di Ponyville. Alzo lo sguardo a fissare di nuovo quella luna così eterna ed assoluta, ma sopratutto così circolare. L'ho guardata per così tante volte che mi sono dimenticato quale sia la sensazione di avere il sole che ti scalda la pelle e che ti illumina la via.
Ma anche se ero completamente circondato da oscurità, in quei mesi durissimi ero andato avanti. Avevo combattuto con le unghie e con i denti, per riuscire a sopravvivere.
E di quei mesi, passati in modo così duro, avevo un unico rimpianto.
Non essere riuscito a tenere Fluttershy qui, con me. Così lei se ne era andata...
E non aveva nemmeno idea che io esistessi.
Scuoto la testa, per togliermi dalla mente quel pensiero maligno, poi estendo le ali, dal piumaggio blu scuro di cui vado tanto fiero, e mi sollevo in aria, in quel così tanto ripetuto volo nella notte.
Meglio tornare a casa, ora. Gli altri mi stanno sicuramente aspettando.
Nessun nuovo superstite.
“...Fluttershy, zucchero, va tutto bene?” le chiede Applejack avvicinandosi all'amica color miele.
La pegaso si volta verso di lei e la fissa, annuendo.
“Mi sembri pensierosa...”
“Non so... ho le orecchie che fischiano”.
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Qualcuno legge ANCORA questa roba!?